La polemica con Filippo Angelitti

 

L’astronomo palermitano Filippo Angelitti (1856-1931) è tra i pochi studiosi di Dante ad essere presente nella biblioteca di Rodolfo Benini. Questi ricevette gli opuscoli dell’Angelitti direttamente dall’autore, che intendeva così ravvedere il Benini dai suoi errori. Le dediche autografe sono infatti presenti su buona parte degli opuscoli conservati in biblioteca, rilegati e annotati diffusamente dallo stesso Benini. Definito dal Benini polemista temibile, l’Angelitti era sostenitore del 1301 come anno del viaggio ultraterreno di Dante, del che cercava di convincere anche il Benini. Questi in effetti subì una grande influenza dall’astronomo siciliano, ma non nel senso che questi avrebbe voluto. Benini infatti, grazie agli scritti dell’Angelitti, ampliò i propri orizzonti di studio e affinò le armi per difendere le proprie posizioni: Effettivamente l’influenza, che l’Angelitti ebbe su l’esercizio delle mie attitudini critiche e della mia inventiva, fu grandissima, non nel senso che io subissi le sue opinioni in fatto di esegesi dantesca – tutt’altro! – ma nel senso che la lettura de’ suoi scritti e la corrispondenza epistolare, che egli si degnò d’intrattenere con un principiante dell’astronomia, presto mi abituarono al linguaggio tecnico, dandomi modo di affinare le armi per difendere le mie personali intuizioni. Irriducibile lui, irriducibile io. Ma, dopo tutto, il maestro non fu scontento del selvaggio discepolo. L’omaggio, che rendo alla sua cara memoria, non fa più distinzione fra lui, avversario, e il Canna e lo Schiaparelli, miei primi confortatori alla singolare impresa. (R. Benini, Come divenni l’interprete di Dante, Ms. Benini 3, c. 56). L’epistolario tra il Benini e l’Angelitti, che dovette essere abbastanza corposo, è al momento tutto da ricostruire ma, al di là delle rispettive posizioni e dell’amor proprio dei due contendenti, possiamo ritenere che la tenzone sia rimasta nei limiti della cordialità e della stima reciproca.
Il principale argomento di dibattito era la posizione del pianeta Venere nel 1300 e nel 1301. Un passo della Commedia allude alla posizione mattutina del pianeta, che era stata tale nella settimana di Pasqua del 1301, ma non in quella del 1300. L’obiezione mossa al Benini dall’Angelitti era quella di essersi ispirato al sistema vitruviano anziché all’Almanacco perpetuo di Profazio.
Ma al di là del dato astronomico, a favore del 1300 giocano molti fattori di natura storica: le varie allusioni nella Commedia al Giubileo in corso (in particolare Inf. XVIII e Purg. II), l’allusione nel poema a Guido Cavalcanti (morto nell’agosto 1300) ancora in vita, la predizione di Corrado Malaspina a Dante sul ruolo di negoziatore che egli avrebbe avuto, di lì a sei anni, in Val di Magra; e ancora il monito di Farinata, che allude al fallito tentativo di Dante, che si sarebbe svolto entro cinquanta lune, di rientrare in Patria; poi, i 35 anni del mezzo del cammin di nostra vita sommati al 1265, anno di nascita di Dante; infine la decenne sete che il poeta soffrì nel non poter vedere più Beatrice, morta nel 1290.
L’irrigidimento dei due contendenti sulle rispettive posizioni portò in un primo tempo il Benini a interrompere i rapporti, e a riprenderli in un secondo tempo, un po’ per gratitudine e un po’ per interesse personale:
Ad un certo punto decisi di interrompere la corrispondenza epistolare; ma feci subito atto di deferenza riprendendola. Nell’atto c’era, lo confesso, un movente utilitario oltre al desiderio di non mostrarmi ingrato; ché ogni lettera dell’inesorabile critico mi aveva appreso e ancor poteva apprendermi qualche cosa ai fini della buona causa, di cui m’ero fatto avvocato e patrono, quasi in senso religioso. (R. Benini, Come divenni l’interprete di Dante, Ms. Benini 3, c. 70).