"...ha confessato, che il demonio l'habbi bollata sù nella testa..."
Processo contro Mighina de Cristoforo de Giovanni Nisa moglie di Giacomo Betholin di Furva, dettaglio
Caterina e Maddalena
Fine XVI secolo
Interrogatorio a Caterina fq Stefano olim Tognio de Robustelli di Grosotto e Maddalena detta Gazeta figlia di messer Machei del Baldo di Grosotto accusate della morte del prete Paolo Robustelli.
ASSo, Fondo Romegialli, cart 37, fascicolo 1, sottofascicolo e
Caterina, durante il suo interrogatorio, ammette di essere una strega e di aver partecipato più volte al sabba; accusa anche Maddalena del Baldo di stregoneria e, in conseguenza di questa deposizione, quest’ultima viene arrestata per lamia et malefica.
Interrogata per due volte, Maddalena nega di essere una strega affermando di essere stata imprigionata solo per alcune voci sul suo conto. Interrogata sull’omicidio del reverendo Paolo Robustelli fa i nomi di Catarina de Sermondo e Fanchino Stupano, dichiarando però di non sapere nulla del fatto.
Mighina
1674 febbraio 28
Processo contro Mighina de Cristoforo de Giovanni Nisa moglie di Giacomo Betholin di Furva.
ASSo, Fondo Notarile, notaio Rusca Antonio qm Ulderico, b. 314, cc. 52r-55v
Mighina è denunciata come malefica dalla sua compaesana, Caterina figlia di Giovanni qm Giovannin de Britii Guana di Furva, "per causa de malefitii e delitti da lei comessi".
La donna sottoposta a tortura "ha confessato nelli tormenti et fuori … d’essere strega et malefica", ammettendo che fu la madre ad istruirla. Tra le confessioni di Mighina compare anche la figura della madre che si trasforma in lupo e spaventa le bestie di Giovanni Antonin.
Durante la testimonianza l’accusata punta a sua volta il dito contro l’accusatrice Caterina dichiarando che insieme a lei "pigliava su creature dal sagrato di Santo Nicolò con la quale fecero la perfida polvere et unguento". Questa polvere, che sarà al centro dei malefici di Mighina, veniva prodotta prendendo "parte di tutti 5 sentimenti del corpo".
Vista la "gravità delli atroci delitti et maleficii da lei comessi in spregio della giustizia divina et humana … con l’esumazione fatta ancora di molte creaturine dalli lochi sacri" Mighina viene decretata strega, malefica e colpevole di numerosi delitti, infanticidi, "homicidi, exumationi e malefici". Il documento purtroppo è mutilo, ma si comprende dall’ultima frase che la fine di Mighina dovette essere il rogo:
"sia condotta alle pubbliche piazze".
Orsolina
1672
Processo a Giulia Maria Orsolina di Cedrasco
ASSo, Biblioteca Rajna, DI, II/34, sottof. 28m
Il 27 maggio 1672 il Vescovo di Como scrive al Governatore di Valtellina:
"Sentiamo carcerata nel tribunale di Sondrio una Giulia Maria Orsolina del Cedrascho, dicesi indiziata di strega (c. 1v – 2r) [...] Commettiamo a lei il prendere diligentissime informazioni della vita, seguito, predizioni, opere ammirabili, estasi, e revelazioni di costei" (c. 2r).
Il Vescovo di Como designa il prevosto di Ponte Defendente Quadrio per l’esame dei testimoni (c. 1v).
I testimoni, quasi tutti ecclesiastici che hanno avuto a che fare con Orsolina, rispondono alle domande dell’inquisitore. Il ritratto che emerge è quello di una donna certamente fuori dell’ordinario: si vocifera che la notte, oltre a dormire vestita, parli con qualcuno (c. 5r), e che porti con sé un olio capace di guarire gli infermi che asserisce esserle stato dato "in persona da Santa Teresa" (c. 5v).
Un sacerdote che l’ha ospitata in casa riferisce che, d’abitudine, "stava retirata nella sua camera a far orationi […] e non usciva da casa, se non per andar a messa" o a visitare qualche infermo, su indicazione del suo confessore (c. 6v); che venga rapita in estasi e abbia visioni di Gesù Cristo (cc. 8r e 17v), di San Francesco (c. 14v) e dell’Inferno, dove avrebbe visto "Giuda, il traditor di Christo, il qual era cinto con catene di focho, e con un drago, che li ardeva il cuore" (c. 16r). Pare poi che le sue visioni siano state da essa stessa raccolte in un libro (c. 9r), di cui però si sono perse le tracce dopo che un testimone rivela di averlo "imprestato ad una munacha del Munastero di Santo Lorenzo sopra Sondrio" (cc. 16v e 17r).
Da un’altra testimonianza apprendiamo come non solo Orsolina avesse anche un "seguito d’altre donne", ma ancora della presenza, nella stessa epoca, di diverse donne incarcerate in Sondrio, di cui una, tal "Margarita Tedesca già habitante in Chiuro […] imprigionata per strega, e poco fa per tale decapitata" (c. 18r-v), nonostante il ricorso dell’arciprete di Sondrio.
Della sorte toccata a Giulia Maria Orsolina, dal documento in nostro possesso, non sappiamo invece altro: l’incartamento si chiude con una breve testimonianza di un famiglio che non aggiunge niente di nuovo al quadro già delineato.