"Ogni terziere della Valtellina possedeva originariamente ordinamenti propri, che nel 1531 vennero fusi negli Statuti di Valtellina. Tali statuti, riformati poi nel 1548, trovarono applicazione anche a Teglio, che conservò tuttavia il suo carattere di giurisdizione staccata dai terzieri della valle."
(S. Almini, "Censimento delle istituzioni storiche preunitarie di Bormio,
Valtellina e Valchiavenna", Progetto CIVITA, Le istituzioni storiche
del territorio lombardo (XIV-XIX secolo).
Sondrio, 1999, p. 19.)
L'Archivio di Stato di Sondrio ne possiede quattro copie:
Li Statuti di Valtelina riformati nella Cità di Coira nell’anno del Signore MDXLVIII, in Poschiavo, per Dolfino Landolfo 1549.
ASSo, Raccolta Romegialli, vol. 49.
Li Statuti di Valtellina riformati nella Città di Coire nell’anno del Signore MDXLVIII, in Poschiavo, per il podestà Bernardo Massella, 1668.
ASSo, Raccolta Quadrio, vol. C 18 e ASSo, Raccolta Romegialli, vol. 21
Li Statuti di Valtellina riformati nella Città di Coira nell’anno del Signore MDXLVIII, in Coira, per la vedova del quondam Andrea Pfeffer stampatore, 1737.
ASSo, Raccolta Quadrio, C 29
Nelle tre edizioni (1549, 1668 e 1737) i Capitoli in cui si parla di donne sono pressoché uguali.
Gli Statuti comprendono gli Statuti Civili e gli Statuti Criminali :
"Gli statuti criminali contenevano le classificazioni delle violazioni e le sanzioni relative, tutte le disposizioni processuali penali, oltre a diverse norme di carattere amministrativo. Gli statuti civili regolavano in modo succinto tutte le materie oggi contenute nei codici civile e di procedura civile, contenendo poi anch’essi varie disposizioni amministrative."
(ibid.)
Testi e immagini della mostra sono © dell'Archivio dell'Archivio di Stato di Sondrio. Si veda la pagina CREDITI per le modalità di utilizzo e citazione.
Che niuna donna maggiore d’anni vinti obbligare si possa ...
Li Statuti di Valtelina riformati nella Cità di Coira nell’anno del Signore MDXLVIII, in Poschiavo, per Dolfino Landolfo 1549.
ASSo, Raccolta Romegialli, vol. 49.
Statuti Civili, Capitolo 138
Che niuna donna maggiore d’anni vinti obbligare si possa senza il consenso de’parenti
“Ancora, accioche le donne non sian indutte, a fare alcun contratto di vendita, cessione, donatione, obligatione, overo renuncia delle ragioni sue, o confessione, per le quali cose siano lese, conciosia che spesse volte, molte di loro non intendano quello che fanno, per il che molte son state decette, & ingannate, è statuito che niuna donna maggiore d’anni vinti far possa alcun de detti instrumenti, overo contratti, li quali eccedano vinticinque lire di terzoli […] senza l’intervenire, la presenza, & il consenso, di uno degl’agnati soi più prossimi […]”
La presenza e il consenso di un “agnato”, cioè di un parente maschio, è richiesta per proteggere la donna dal rischio di essere “decetta” (dal latino deceptio, inganno) e indotta a vendere o comunque rinunciare ai propri beni da parte di chi si volesse approfittare della sua mancanza di discernimento. Scritta a difesa delle donne, questa norma ne dà per certa una ingenua sprovvedutezza in materia d’affari, avvalorandone la subalternità agli uomini.
... anchora che il marito confessi che declina alla povertà
Li Statuti di Valtelina riformati nella Cità di Coira nell’anno del Signore MDXLVIII, in Poschiavo, per Dolfino Landolfo 1549.
ASSo, Raccolta Romegialli, vol. 49.
Statuti Civili, Capitolo 145
Delli mariti, li quali confessano, che incomenciano declinare in pouertà
“se alcuno maritato confessarà che diventi povero, & di poi sia condennato alla restitutione della dotte, & antifatto, che alhora tal marito […] si possa pigliare, & mettere in prigione, & detenire per li soi creditori […]”
Statuti Civili, Capitolo 146
Che la moglie mentre che dura il matrimonio non possa alienare la Dote, ancora che il Marito confessi che declina alla povertà, ne anco possa cedere le raggioni della detta Dote.
I “beni dotali” comprendevano la “dote” (preparata dalla famiglia della sposa), la “donazione per le nozze” (con cui la famiglia dello sposo copriva i costi della cerimonia nuziale) e la controdòte o “antefatto”, “aumento dotale che lo sposo assegnava prima delle nozze in favore della sposa per il caso di vedovanza, proporzionato alla dote che questa gli aveva portato” (Vocabolario Treccani, ad vocem). A scongiurare che una donna fosse indotta ad alienare i beni dotali ciò è espressamente vietato, anche nel caso che il marito fosse consenziente o, peggio ancora, fosse caduto in miseria e attanagliato dai creditori: in quel caso sarebbe inesorabilmente finito in prigione.
Quello che e’ congiunto per linea feminina non succeda al descendente
Li Statuti di Valtelina riformati nella Cità di Coira nell’anno del Signore MDXLVIII, in Poschiavo, per Dolfino Landolfo 1549.
ASSo, Raccolta Romegialli, vol. 49.
Diversi Capitoli stabiliscono che, in linea generale, “li maschi discendenti siano preferiti alle femine nelle successioni”. Tuttavia è ammesso che un padre amorevole possa decidere di suddividere equamente l’eredità tra figli e figlie:
Statuti Civili, Capitolo 188
“Che quello che e’ congiunto per linea feminina non succeda al descendente, & della successione de trasversali, & de ascendenti per linea materna. Anchora dell’espressa, overo tacita voluntà del padre, il qual vuole, che la figliola gli succeda […] Statuendo anchora che sel padre vorà instituire herede le figliole una, o più insieme col figliolo uno o più maschio equalmente, che possa non ostante le predette cose. Anchora s’alcuno morirà senza descendenti maschi che le figliole al’hora, & in quel caso li possano succedere, tanto per testamento, quanto senza testamento.”
La pena de la donna dishonesta
Li Statuti di Valtelina riformati nella Cità di Coira nell’anno del Signore MDXLVIII, in Poschiavo, per Dolfino Landolfo 1549.
ASSo, Raccolta Romegialli, vol. 49.
Statuti Criminali, Capitolo 78
Della pena de la donna dishonesta, la quale habita apposta con alcun prete, o persona consecrata, overo con qualunque altra persona secolare
“E anchora statuito, che alchuna donna di vita dishonesta, non ardisca, ne presuma di stare, overo habitare in casa del’habitazione d’alcun prete […] se alcuna contrafarà, sia condannata, & punita per ciascuna volta in lire cinquanta de terzoli, le quali se non pagarà infra diece giorni, dal giorno della condannatione, sia frustata per la terra, dove il Giudice habitarà, con una corona di papero in testa. Et sia cacciata dal luogo nel quale habitarà […]”
Per la donna “dishonesta” che sta o addirittura “habita” presso un religioso è prevista una pena pecuniaria che, in caso di insolvenza, è sostituita da una corporale: “discacciata” da quel luogo, sarà frustata e, per sommo di vergogna, le verrà posta in testa una “corona di papero”, cioè di carta (cfr. Gianni Sala, “E il medioevo inventò la gogna”, Bollettino Storico Alta Valtellina n. 13, Bormio 2010, P. 309-318: 309). La stessa pena (“le predette cose”) toccherà al religioso, nonché a “ciaschun’altra persona laica […] che tenga alcuna concubina”.
Le pene di colui che rapisse, & che cognosce carnalmente alcuna donna
Li Statuti di Valtelina riformati nella Cità di Coira nell’anno del Signore MDXLVIII, in Poschiavo, per Dolfino Landolfo 1549.
ASSo, Raccolta Romegialli, vol. 49.
Statuti Criminali, Capitolo 79
Delle pene di colui che rapisse, & che cognosce carnalmente alcuna donna
“Sia punito nella testa, talmente che mora” chi rapisce e stupra qualsiasi “femina di vita honesta”, cioè non consenziente.
La decapitazione è convertita in pena pecuniaria sia per chi non riesce nell’intento di rapire la suddetta donna onesta, sia per chi “conosce carnalmente” una vergine, una vedova o una donna maritata “di sua voluntà”, cioè consenziente: nel caso della donna sposata, anche a quest’ultima è comminata una sanzione in denaro.
Se la vittima è una monaca, la multa è raddoppiata. Anche i mediatori o ruffiani, uomini o donne che siano, sono multati e, se insolventi, “frustati in pubblico”.
La pena di quello che piglia due moglie
Li Statuti di Valtelina riformati nella Cità di Coira nell’anno del Signore MDXLVIII, in Poschiavo, per Dolfino Landolfo 1549.
ASSo, Raccolta Romegialli, vol. 49.
Statuti Criminali, Capitolo 80
Della pena di quello che piglia due moglie, & per il contrario
Gravissime le pene per i bigami: per l’uomo è prescritta la “pena della testa, talmente che l’anima si separi dal corpo”; per la donna l’annegamento: “sia sommersa nell’acqua, talmente che l’anima sua dal corpo si separi”.