La tomba, che appartiene alla Necropoli della Riserva del Bagno estesa ad ovest della città antica, è situata sulla collina che sovrasta la suggestiva cascatella della Ninfa formata dal torrente Piordo. La sepoltura fu scoperta nel 1958 per un tentativo di scavo clandestino a seguito del quale la Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale effettuò un’esplorazione che mise in luce contemporaneamente altre tre tombe adiacenti, tutte già violate e quindi prive degli oggetti di corredo, se non per pochi frammenti di vasi. Si tratta di una piccola tomba a camera. Alla camera funeraria, di forma quadrangolare, si accede per una porta ad arco; lungo la parete sinistra si trova una banchina dove era deposto il defunto, in origine probabilmente sormontata da un tettuccio a baldacchino. Il soffitto, con le quattro falde dipinte alternativamente in giallo e rosso, sembra imitare la copertura di una tenda a padiglione, una struttura che forse veniva realmente costruita per lo svolgimento dei riti funebri che precedevano la sepoltura del defunto. Ma la peculiarità di questa tomba sta nelle pitture parietali che la rendono uno dei più antichi esempi di architettura funeraria dipinta in territorio etrusco, seconda solo alla tomba dei Leoni Ruggenti, recentemente scoperta sempre a Veio. Lungo la parete posteriore e su quella destra corre un fregio costituito da cinque fasce a colori alternati nero, rosso, nero, giallo, nero. La parete di fondo è campeggiata inoltre dal fregio eponimo della tomba costituito da una fila di cinque anatre dipinte in rosso o rese “a silhouette” su fondo giallo. La raffigurazione potrebbe contenere un significato simbolico funerario allusivo dell’aldilà, con gli uccelli acquatici in funzione di traghettatori tra la vita e la morte. Il tema iconografico degli uccelli acquatici ricorre ancora nella tomba in un frammento di vaso del corredo: si tratta di uno dei motivi caratteristici della ceramica sub-geometrica del tipo detto appunto “ad aironi” per l’inserimento nella decorazione di questi elementi naturalistici in accostamento ai motivi lineari, una produzione comune in numerose città dell’Etruria Meridionale nella prima metà del VII sec. a.C. La presenza di questa fabbrica ceramica assieme ad altri frammenti di vasi di provenienza greca, ha reso possibile precisare la datazione della tomba al 680-660 sec. a.C.
Tratto da Alessandra Reggi, Guida Archeologica del Parco di Veio, 2010