La Tomba Campana deve il suo nome al marchese Giovanni Pietro Campana che annunciò la scoperta tra il 1842 e il 1843, come ricordato anche da un’ iscrizione commemorativa murata all’interno della tomba. La struttura è costituita da un largo dromos, fiancheggiato da due piccole celle, che conduce a due camere assiali. La prima delle due presenta un soffitto leggermente arcuato e due banconi laterali e conservava sulla parete di fondo, ai lati della porta, pitture oggi quasi completamente scomparse: due fregi sovrapposti, simili ad un arazzo, con cavalli dal corpo allungato, cavalieri e altre figure umane, felini, una sfinge e un cervo. La seconda camera funeraria, di dimensioni ridotte rispetto alla prima, è coperta da un soffitto piano e presenta banchine laterali; essa raffigurava degli scudi appesi. La tomba conserva altri elementi decorativi di tipo scultoreo, costituiti da corpi felini, probabilmente di sfingi, che erano posti presumibilmente due all’esterno e due all’ingresso del dromos. I materiali del corredo, costituito, tra l’altro, da tre urnette cinerarie, due bracieri e due anforoni, sembrava risalire ad un periodo compreso fra la fine del VII sec. e gli inizi del VI a.C. Solo recentemente è stata dimostrata la non pertinenza del corredo alla tomba. Si tratta infatti di un falso voluto dal marchese Campana, noto collezionista, per aumentare il prestigio alla tomba. Come si è potuto appurare il corredo proveniva almeno in parte da scavi condotti presso Orte. Il marchese Campana ne fece quindi dono al pontefice Pio IX che trasformo la tomba ed il suo contenuto in un piccolo “museo locale” che fu visitato da personaggi illustri, tra i quali George Dennis e Thomas Ashby e che rimase in funzione sino al 1901 quando il corredo fu trasferito nel museo etrusco di Villa Giulia.
Tratto da Rita Turchetti, Guida Archeologica del Parco di Veio, 2010