Il fluire delle correnti filosofiche moderne

Il diritto costituzionale è un ramo del diritto pubblico interno, dal quale si distaccò, assumendo una individualità propria e distinta, per il sorgere e il diffondersi, in America ed in Europa, delle istituzioni rappresentative o costituzionali e, con esse, di quelle carte, cui si diede il nome di statuti fondamentali, od anche, per antonomasia, di costituzioni. Vigorose e larghe affermazioni di esso come scienza autonoma, non si trovano, naturalmente, che molto innanzi, nella prima metà del secolo XIX, ma ancora negli ultimi anni del precedente, il nome suo ricorre talora nelle discussioni delle assemblee e negli scritti politici, senza però che ad esso si assegni un posto nell’ambito delle scienze giuridiche.

Dopo aver letto queste parole, tratte dalle dispense del professor Morelli, la domanda sorge spontanea: quali sono i movimenti, le correnti, gli eventi storico-politici che portarono a una maturazione nel trattare determinate materie, questioni e argomenti in ambito accademico?
Ogni mutamento concreto, tangibile reca con sé la necessità di riflessione e ridefinizione intellettuale e, naturalmente, viceversa. Interessante è capire come la filosofia moderna, nella sua accezione politica, sviluppi determinati temi leggendo gli eventi storici ad essa contemporanei. La Biblioteca Morelli dispone di numerose opere che documentano e testimoniano la riflessione di alcuni tra i pensatori più importanti dell’Occidente moderno, attivi tra il XVII e XIX secolo. Molte di queste edizioni sono scritte o tradotte in lingua francese, aspetto che sottolinea la preparazione e l’interesse del docente rivolto alla storia politica estera.

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T. Hobbes, Elementa Philosophica. De Cive,
Amsterdam 1760

Il nostro percorso ha inizio con un’edizione latina del 1760 di De Cive di Thomas Hobbes, opera pubblicata per la prima volta nel 1642 come terza parte dell’opera in più volumi Elementa Philosophica. Nella sezione rivolta ai lettori ci si sofferma inevitabilmente su un quesito di indiscussa utilità per la filosofia politica moderna, in cui i protagonisti sono l’uomo-natura e l’uomo-civile:

Vediamo che ogni Stato, anche se è in pace coi vicini, guarnisce i suoi confini con distaccamenti di soldati, le sua città di mura, porte, sentinelle. A che scopo, se non temesse dei suoi vicini? [...]

L' idea di uomo e di stato teorizzata dal filosofo è efficacemente riassunta in questa famosa citazione: Bellum omnium contra omnes, ossia la guerra di tutti contro tutti. In quest’ottica l’uomo, se lasciato allo stato di natura, è descritto in una luce inevitabilmente pessimistica; il potere del sovrano deve essere quindi necessariamente unico e indivisibile, tanto da limitare la libertà individuale a favore della formazione di governi stabili e sicuri.

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J. Locke, Du Gouvernement Civil,
Amsterdam 1780

Appena cinquant’anni dopo John Locke pubblica un’opera in due volumi Two treatises of Governement, di cui il Fondo Morelli conserva una traduzione francese del secondo libro datata 1780. Locke approfondisce alcune tematiche indagate da Hobbes in chiave molto diversa. Entrambi sono inglesi e attivi nel XVII secolo, ma appartengono a due fasi profondamente diverse: Hobbes vive a pieno la Guerra Civile, Locke attraversa la Gloriosa Rivoluzione del 1688-'89. A differenza di Hobbes, Locke è uno dei primi teorici e sostenitori della libertà individuale dell’uomo e quindi del cittadino. Il filosofo considera positivo il così detto stato di natura sebbene riconosca il rischio celato nella sua immanente precarietà, motivo per cui l’uomo è portato ad organizzarsi in società civili strutturate. Lo stato di Locke è uno stato liberale, garante di libertà e giustizia:

Lo stato di natura è disciplinato da una vera legge di natura, alla quale ciascuno è sottoposto: e la ragione, che appunto costituisce questa legge, insegna a tutti gli uomini che essendo essi eguali e indipendenti tra di loro, nessuno deve portare danno ad un altro nella vita, nella salute, nella libertà, o negli averi [...]

Il pensiero di Locke permette di fare un notevole salto temporale, si approda ora in Francia nel pieno ‘700 per incontrare Jean-Jacques Rousseau. Il filosofo ginevrino scrive nel 1754 l’opera Discours sur l'origine et les fondements de l'inégalité parmi les hommes, di cui la Biblioteca Morelli possiede un’edizione del 1796 pubblicata nella raccolta Oeuvres completes de J.J. Rousseau. Questo discorso tratta la natura dell’uomo per comprendere l’origine delle disuguaglianze presenti nelle società civili. Rousseau sostiene che le disparità tra individui si generano all'interno delle comunità strutturate, dove la condizione autentica e magnanima propria dell’essere umano rischia di perdersi a contatto con la corruzione e le ingiustizie. Gli stati dovrebbero organizzarsi in modo tale da tutelare e salvaguardare quegli aspetti puri e positivi propri dell’uomo tanto che, come scrive lo stesso filosofo, <<possa durare sempre, per la felicità dei suoi cittadini e come esempio per i popoli, una repubblica organizzata in modo tanto saggio e felice. Ecco il solo augurio che si può ancora farvi, la sola cura che dovete avere>>.

Ed è proprio nella Ginevra di Rousseau che viene pubblicata nel 1748 un’opera in forma anonima dal titolo De l’esprit des loix, composta da Montesquieu, di cui la Biblioteca conserva una copia datata 1749. Montesquieu in quest’opera elabora la teoria della separazione dei poteri, condizione necessaria affinché si conservino le libertà individuali dei cittadini. Montesquieu scrive chiaramente che <<tutto sarebbe perduto se lo stesso uomo, o lo stesso corpo di maggiorenti, o di nobili, o di popolo, esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le decisioni pubbliche, e quello di giudicare i delitti o le controversie dei privati>>.
Il filosofo e giurista francese ha sicuramente il merito di aver in parte influenzato con questa teoria, già precocemente descritta dallo stesso Locke, le costituzioni degli stati sorti dopo la Rivoluzione Francese.

Questi sono solamente alcuni tra i filosofi trattati da Morelli nelle sue lezioni. Essi, proposti come spunti di riflessione, pongono le basi metodologiche per affrontare questioni e problemi contemporanei con un occhio storico e filosofico, oltre che giuridico.


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J.-J., Rousseau, Discours sur l'origine et les fondements de l'inégalité parmi les hommes,
Lione (1796)
Montesquieu, De l'esprit des loix, Ginevra (1749)