L'unità artistica e logica delle profezie di Virgilio, Beatrice e Cacciaguida

L'unità artistica e logica delle profezie di Virgilio, Beatrice e Cacciaguida ossia la soluzione del maggior enigma dantesco

 

L'unità artistica e logica delle profezie di Virgilio, Beatrice, e Cacciaguida, ossia La soluzione del maggior enigma dantesco, nota del socio corrispondente prof. Rodolfo Benini

Milano, Tipo-Litografia Rebeschini di Turati e C., 1906, pp. [706]-728, 24 cm. Estratto da: Rendiconti dell'Istituto lombardo di scienze e lettere, serie 2, v. 39 (1906), fasc. 15.      BENIN.533/4.

Dante, che come Enea e San Paolo ha avuto il privilegio di visitare da vivo l’oltretomba, sarebbe per Benini l’oggetto delle tre profezie sul messo di Dio che compaiono in luoghi strategici del poema: all’inizio dell’Inferno (profezia di Virgilio sul veltro, Inf. I, 49-60), alla fine del Purgatorio (profezia di Beatrice in Purg. XXXIII, 37-45), alla metà del Paradiso (profezia di Cacciaguida in Par. XVII). Sarebbe Dante il veltro, il predestinato messo celeste che, sul piano morale, avrebbe vinto la lupa (simbolo dei desideri impuri) ricacciandola negli inferi, avrebbe compiuto la vendetta di Dio sulla fuja e sul gigante, e avrebbe cambiato molta gente mutando i ricchi in poveri e i poveri in ricchi. Egli disporrà di nuovo l’Italia alla monarchia universale, scritta nei disegni di Dio e nelle speranze del poeta, […] sbarazzerà il terreno della fuja e del gigante, che sono intoppo al ricostituirsi del sacro impero (p. 716). L’idea del Benini è che questo ruolo il poeta non l’abbia immaginato per un condottiero militare o per un sovrano temporale, ma per una figura in grado di ottenere tali risultati su di un piano morale. Le tre profezie andrebbero lette in parallelo, sarebbero tra loro complementari e definirebbero progressivamente, dall’astratto al concreto, l’identità del misterioso personaggio. In particolare, la prima profezia ne definirebbe il cognome, cioè la stirpe (quella degli Alighieri); la seconda ne preciserebbe il nome (Dante); la terza, infine, l’età.
Secondo la prima profezia il Veltro discenderebbe da una stirpe collocata tra Feltro e Feltro (cioè tra la città di Feltre e il Montefeltro): dalla Val di Pado proveniva madonna Alleghiera, moglie di Cacciaguida, trisavolo di Dante.
Nella seconda profezia Beatrice profetizza un Messo di Dio identificato da tre numeri, un Cinquecento (D), un Dieci (X) e un Cinque (V). Lungi dal doversi interpretare come anagramma di DVX, questa serie numerica rappresenterebbe per Benini l’acronimo di D[antes] X[sti] V[eltris], secondo la pratica, diffusa in età antica e medievale, di identificare i personaggi famosi con un animale simbolico (San Giovanni, ad esempio, era identificato come ‘Aquila di Cristo’).
Con la terza profezia Cacciaguida accenna ad un tale ancora sconosciuto Per la novella età, ché pur nov’anni / Son queste ruote intorno a lui torte. Dante, che nel 1300 era nel mezzo del cammin di sua vita, parrebbe troppo anziano per identificarsi con il protagonista della profezia. Se però non si considerano gli anni solari ma i cicli di Marte (pianeta della musica, del canto e della parola armonizzata secondo il Convivio) che durano 687 giorni (secondo l’Alfergano, che Dante conosceva bene), scopriamo che il 4 aprile 1300, data d’inizio del viaggio di Dante, si compivano i nove cicli marziani (6183 giorni) da quando, il calendimaggio del 1283, Dante aveva per la prima volta ricevuto il saluto di Beatrice ed era iniziata per lui una Vita Nuova. La precisione di questa coincidenza per Benini è tale da lasciare storditi. Il Dante in grado di salire al cielo non è il Dante terreno, ma quello delle visioni, della vita rinnovata dall’amore beatifico di Beatrice. Inoltre, il ricorso da parte dei personaggi della Commedia (Farinata, Adamo, Malacoda …) ad anni non solari per i loro computi temporali, è un dato abbastanza comune. Cacciaguida, poco prima, aveva già dimostrato di ricorrere ai cicli di Marte per i calcoli temporali, volendo indicare la propria data di nascita, il 1091. Dante, presentato da Beatrice come il primo figlio della chiesa militante (La chiesa militante alcun figliolo non ha con più speranza), che si ciba di sapienza, amore e virtù, assunto all’Empireo fino alla presenza di Dio, è il messo che ne discende per far la divina vendetta sui maggiori colpevoli, e per ricondurre gli uomini sulla diritta via. A questi toccherà il cuore parlando di ciò che è voluto lassù e porterà una favilla della gloria divina (p. 726).