Le dimore storiche
print this pageUn modo interessante di raccontare la Trieste ottocentesca è quello di analizzarla, ma soprattutto “viverla”. attraverso le numerose dimore storiche dislocate in tutto il territorio. Esse raccontano il gusto di un epoca, permettendo di “entrare nella storia” e di osservare il tempo come se si fosse fermato. Camminando in uno di questi immensi palazzi, riccamente decorati, non si può fare a meno di indossare i panni di un ricco borghese della metà del XIX secolo e di immaginarsi parte di una città ormai lontana nel tempo.
Oggi passeggiando per la città è possibile osservare numerosi palazzi ed edifici molto diversi per stile e struttura architettonica. Quattro di questi, in particolare, conservano ancora tutti gli arredi e gli oggetti collezionati dagli antichi proprietari, ricchi borghesi ottocenteschi e uomini illustri della città. Le residenze in questione sono Palazzo Revoltella, Villa Sartorio, Casa Scaramangà e Palazzo Morpurgo. Alla lista si aggiunge anche Palazzo Economo che, nonostante sia privo degli arredi interni originali, risulta essere importante testimonianza di una ricca famiglia che, una volta insediata a Trieste, ha contribuito alla grandezza economica e culturale della città.
Le residenze prese in considerazione sono tutte state fatte edificare o ristrutturare, tra gli anni trenta e novanta del XIX secolo, da grandi famiglie borghesi, che si affidarono ai più grandi architetti attivi a Trieste all’epoca.
Il legame dei borghesi ottocenteschi con la città era molto forte, essi stessi dovevano il proprio prestigio all’importanza e alla ricchezza del luogo ove operavano e contribuivano a renderlo grande e a celebrarlo. Quasi tutti lasciarono le proprie dimore e i propri averi in eredità al Comune di Trieste, Pasquale Revoltella ad esempio chiese che il suo palazzo
«porti perennemente il nome Museo Revoltella e che sia giornalmente aperto sotto la disciplina di pubblico accesso»
Pasquale Revoltella, Testamento
Le dimore cittadine avevano come primario scopo quello di celebrare il potere e lo status sociale dei committenti, che come nel caso del Barone Revoltella, a volte erano self made man, ovvero uomini che avevano creato la propria posizione sociale dal nulla, solo grazie il proprio lavoro. Differente era il caso dell’Arciduca Massimiliano d’Asburgo che, erede della famiglia imperiale, invece non aveva alcuna necessità di mettere in evidenza il proprio status sociale. La residenza che si fece costruire sul promontorio di Grignano, infatti, non aveva alcuno scopo di autocelebrazione del potere; essa, costruita lontano dalla confusione del centro cittadino, rispondeva a un’esigenza di riservatezza e tranquillità che egli elogia nei suoi diari in questo modo:
«Oh, lasciatemi i miei silenziosi, quieti sentieri,
il viottolo nascosto nel bosco dei mirti;
la cura delle scienze e delle muse è più dolce,
credetemi, dello splendor dell’oro»
Massimiliano, Diario inedito per l’anno 1863
La ricerca della tranquillità e l’amore per la botanica tuttavia erano appannaggio anche delle classi borghesi, i ricchi commercianti facevano edificare nelle colline fuori porta le proprie ville per le vacanze. In questi edifici, che si caratterizzavano per una maggior semplicità architettonica e degli interni, non venivano trascorsi mai lunghi periodi di riposo bensì brevi soggiorni nei fine settimana, in modo tale da non allontanarsi troppo dagli affari. Normalmente erano gli stessi committenti delle residenze cittadine che si facevano erigere tali dimore; tra queste Villa Revoltella e Villa Sartorio, del cui giardino Alexandre de Goracuchi nel 1883 diceva:
«il est digne d'etre l'ornement d'une gran capitale»
Alexandre de Goracuchi, Attraits de Trieste avec un apercu historique, Trieste 1883, p.52-55