XIX. Verso la Modernità
print this pageLa stampa e la Modernità
Nel 1467 a Subiaco venne stampato il primo libro italiano. Rapidamente la stampa si diffuse in tutta la penisola e nel giro di qualche decennio trovò a Venezia la sua capitale mondiale (Mappa Editoria). Ebbe così avvio una trasformazione nella trasmissione del libro che cambiò progressivamente i modi della lettura, le forme librarie, le lingue utilizzate, il pubblico. Nello stesso periodo si stabilizzarono, in larga misura grazie alla straordinaria diffusione del libro a stampa, anche nuovi formati librari e i moderni generi letterari. Alcuni autori vennero promossi a modelli 'classici' dei generi ed entrarono a far parte di un canone ideale di poeti e scrittori simbolo di millenni di tradizione letteraria.
Nella sezione, allo scopo di illustrare continuità e rotture di questo processo, sono esposti alcuni manoscritti simbolo di una vera e propria rivoluzione grafico-libraria che ebbe inizio con l'Umanesimo. Si osservi l'impaginazione del manoscritto umanistico (ad es. 171. BANLC, 36 E 5, o 156. BANLC, 55 K 10 e 159. Casan. 924 nella sezione XVII), elaborata ad imitazione di una mise en page dei libri carolingi, ritenuta di età classica. In essi ha risalto il nudo testo, elegantemente disposto a piena pagina in volumi dal formato ridotto, con ampi spazi fra lettere, parole, righe e larghi margini lasciati liberi: un modello librario che passò dal manoscritto alla stampa e che fu funzionale ad un nuovo rapporto con il testo, incoraggiando un dialogo personale con i grandi autori del passato, da ascoltare nella loro voce autentica (vd. sotto Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori, 10 dicembre 1513, Il dialogo con i classici). Frutto della rivoluzione umanistica fu perciò anche il metodo per la ricostruzione dell'autenticità del testo originale, che leggiamo magistralmente descritto in una nota che il diciottenne Poliziano scrisse, rivolgendosi ai lettori, nei margini della sua edizione di Catullo (177. BANLC, 50 F 37). I moderni, nani sulle spalle dei giganti (vd. sotto Giovanni di Salisbury, Metalogicon, III, iv, Tradizione e progresso), possono così imparare dagli antichi, attraverso il vuoto del tempo e la distanza spaziale e oltre la morte.
L'idea di canone e di classico si estese rapidamente ai contemporanei, soprattutto grazie ad un grande innovatore e ad un geniale editore attivo a Venezia, Aldo Manuzio, che si ispirò al manoscritto umanistico ideando un nuovo modello di libro a stampa (173. BANLC, 55 H 13, 174. BANLC, 56 E 31, 175. BANLC, 56 E 23, 176. BANLC, 22 C 19): piccolo, elegantissimo, da portare con sé come oggetto personale e sempre aperto al dialogo, antico e moderno insieme e veicolo insostituibile del rinnovato rapporto fra élites culturali e testo letterario.
Si conclude il percorso con la traduzione della nota autografa che il giovanissimo Angelo Poliziano (1454-1494) appose il 12 agosto 1472 sulla sua copia dell'incunabolo di Catullo, stampato a Venezia in quello stesso anno (177. BANLC, 50 F 37). In essa Poliziano descrive in che cosa consista il lavoro del filologo, l'incessante ricerca della verità di un testo, un compito collettivo che si assolve anche attraverso i secoli e si fonda sulla cura del passato, il rispetto delle parole degli antichi e la fiducia nella possibilità di ricostruirne il significato storico:
«Ho corretto, per come ho potuto, il testo di Catullo da Verona, corrotto dall’insipienza dei copisti, con grande fatica e lavorando per molte notti, e avendo messo a confronto molti esemplari delle opere di questo poeta, non ne ho trovato nessuno che non fosse, così come questo mio, gravemente corrotto. Perciò, avendo collazionato non pochi autori Greci e Latini, tanto mi sono consumato nell’edizione dell’opera che mi sembra di essere riuscito in ciò che a nessuno degli uomini dotti a quei tempi mi pare sia riuscito. Catullo di Verona se è almeno un poco corretto e a tratti in massima parte emendato, è nelle mie mani grazie alla mia applicazione e fatica. Tu considera questo lavoro, e per quanto puoi le cose che o per negligenza o per insipienza mia sono ancora da correggere quelle, in ragione della tua cultura correggi ed emenda e ti ricorderai di Angelo Basso Poliziano, che all’età di diciotto anni mise l’ultima mano a questo lavoro di correzione. Addio carissimo lettore. Firenze, 1472, 12 Agosto. Tuo Angelo Basso Poliziano».
Machiavelli, Lettera a Francesco Vettori, 10 dicembre 1513, Il dialogo con i classici
«Venuta la sera, mi ritorno a casa e entro nel mio scrittoio […] e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte.»
Libri esposti: 170. Miscellanea: Petrarca, Claudiano, Prudenzio, Ovidio, Calpurnio, Nemesiano, Virgilio; 171. Cristoforo Landino, De vera nobilitate, copia di dedica per Lorenzo dei Medici; 172. Lorenzo Valla, Elegantiae linguae latinae; 173. Francesco Colonna, Hypnerotomachia Poliphili; 174. Le terze rime di Dante; 175. Florilegium diversorum epigrammatum in septem libros; 176. Catullo, Properzio, Tibullo; 177. Catullo, Tibullo, Stazio, Properzio con annotazioni autografe di Angelo Poliziano; 178. Erasmo da Rotterdam, Elogio della follia; 179. Pietro Bembo, Prose della volgar lingua; 180. B. Castiglione, Il libro del Cortegiano.