La nuova cultura europea
print this pageL’Europa feudale e la città
L’Europa feudale dell’Impero romano-germanico ha i suoi centri culturali più forti non nelle città ma nei grandi complessi abbaziali. Con la prima metà dell’XI secolo e soprattutto con la rinascita culturale del XII secolo, l’Europa conosce un nuovo sviluppo, malgrado sia ancora molto arretrata rispetto alla contemporanea fioritura del mondo musulmano. Nella produzione e fruizione culturale si affermano le grandi corti feudali e regie e progressivamente, grazie ai commerci e agli scambi, anche le città, con il conseguente sorgere di un nuovo diritto e della necessità di nuove istituzioni formative, le Università. Alle figure che avevano dominato i secoli precedenti (feudatari, cavalieri, chierici) si affianca un nuovo ceto sociale suscitato dallo sviluppo economico e urbano: la borghesia (da pyrgos / burgum, ‘castello’, il luogo fortificato divenuto centro di scambi commerciali), con i suoi nuovi intellettuali.
Le Corti e le città rivendicano di fronte alla Chiesa la loro autonomia culturale anche attraverso l’uso del volgare e la promozione della letteratura e della cultura in volgare, che porta ad un grande allargamento del pubblico di riferimento e a una rivoluzione dei generi letterari, riflesso e motore, a loro volta, di una profonda rivoluzione sociale e antropologica (vd. sotto Dante, Convivio, I, xiii, 11, Volgare e latino: sole nuovo e sole usato).
Dante, Convivio, I, xiii, 11, Volgare e latino: sole nuovo e sole usato
«Questo [il volgare] sarà quello pane orzato del quale si satolleranno migliaia, e a me ne soperchieranno le sporte piene. Questo sarà luce nuova, sole nuovo, lo quale surgerà là dove l’usato [il latino] tramonterà e darà lume a coloro che sono in tenebre e in oscuritade, per lo usato sole che a loro non luce.»
Le corti, il volgare e l’amore
Dalla fine dell’XI secolo alla metà del XIII le corti europee diventano il centro propulsore dell’attività letteraria: vengono rivisitati e rinnovati i generi letterari mediolatini (compresa la storiografia e l’epica, cfr. XI. Storiografia e XII. Epica), se ne inventano di nuovi più adatti a esprimere le esigenze di un pubblico laico e mondano, come il romanzo in versi, poi in prosa (cfr. XIII. Romanzo), e la lirica (cfr. XIV. Lirica), che contrassegneranno emblematicamente fino alla contemporaneità la storia letteraria europea; la musica accompagna l’epica romanza e la lirica. Il volgare diviene la lingua della nuova cultura non specialistica, per rendere possibile la comunicazione con il pubblico illetterato e per la nuova centralità assunta nelle Corti dalla figura femminile (vd. sotto Dante, Vita nuova, XXV, 6, Le origini della lirica volgare e la donna), sia nel romanzo che nella lirica (nel diritto, nella filosofia e nelle scienze resiste per secoli il latino, ma affiancato spesso dal volgare). Nel romanzo, parallelamente all’affermazione della grande lirica dei trovatori (in lingua d’oc, nella Francia del Sud, a partire dal Poitou, fino al Mediterraneo) e dei trovieri (in lingua d’oïl, nella Francia del Nord), penetrano e acquistano centralità, dalla fine del XII secolo, la ricerca della propria identità, con la conseguente scoperta dell’Individuo, e l’altro grande tema della nuova cultura europea: l’amore. L’amore profano, come fenomeno civilizzatore ed egalitario, è l’altra grande scoperta dell’Europa cortese, cui si affianca, anche in concorrenza ideale, quello sacro delle laudi e delle sacre rappresentazioni, cfr. XV. Laudari e sacre rappresentazioni). I grandi generi letterari cortesi e i loro temi emblematici saranno presto acquisiti e rielaborati anche nella cultura delle città, soprattutto in Italia, dopo la straordinaria fioritura della Corte siciliana di Federico II (1194-1250). Con la letteratura del XII e del XIII secolo nasce la moderna letteratura europea e un nuovo sistema di generi letterari e di emozioni. La Chiesa, come già avvenne con gli Ordini mendicanti, sviluppatisi anche per reprimere le eresie e inserirsi nella nuova cultura universitaria, reagisce aggiornando le proprie iniziative in funzione delle nuove domande socioculturali del mondo laico.
Dante, Vita nuova, XXV, 6, Le origini della lirica volgare e la donna
«E lo primo che cominciò a dire sì come poeta volgare, si mosse però che volle fare intendere le sue parole a donna, a la quale era malagevole d’intendere li versi latini.»