23 - Scenografia dell'Ermiona
print this pageLa rappresentazione dell’Ermiona a Padova, nel 1636, costituisce un evento storico, pari per novità e risonanza, a quella, nel 1561 a Ferrara, del Castello di Gorgoferusa, primo torneo per il quale fu costruito un vero palcoscenico con macchine e dispositivi per la mutazione a vista delle scene. Dopo settant’anni, l’Ermiona mostra il mutamento radicale che lo spettacolo barocco ha intrapreso e il ruolo svolto dalla festa cavalleresca in questo contesto. In questi anni, infatti, l’armeggiamento si assimila al balletto a cavallo e le comparse dei venturieri si strutturano come introduzione musicale e pretesto bizzarro per un grande spettacolo visivo che richiede attorno alla platea un vero e proprio teatro e un palcoscenico attrezzato.
L’Ermiona non ha una vera e propria consistenza drammaturgica: la festa comincia con una “grave danza” condotta da ottanta dame padovane “a suono di violini e di viole”, seguono tre episodi legati tra loro dalla presenza del protagonista, Cadmo, all’occorrenza venturiero o mantenitore; altri due balli di dame fungono da intermezzi. Nel primo episodio, Il ratto di Europa, Giove si invaghisce d’Europa figlia del re di Tiro e, assunte le apparenze di un toro, la rapisce. Cadmo, per ordine del padre, parte in mare in cerca della sorella. Nel secondo episodio: Gli errori di Cadmo (errori sta per errare) l’eroe giunto in Beozia si scontra con un orribile drago, lo abbatte e, per ordine di Pallade, semina i denti del mostro nella terra arata di fresco. Dalla terra nascono i venturieri che scendono nel campo e combattono una barriera a piedi. Nel terzo episodio: Gli imenei, Cadmo, dopo aver costruito Tebe, viene incornato dagli Dei dell’Olimpo e premiato con nozze divine nella persona di Ermiona, figlia di Marte e Venere. Un balletto di 12 “giovani padovani” in abito da pastori, accompagnati da 9 musici in figura di Muse, mimano le recenti avventure e un torneo a cavallo combattuto dalle squadriglie dei quattro elementi guidate da Ercole (Pio Enea degli Obizzi), Egeo, Anteo e Teseo chiudono la festa.
Autore dell’apparato scenico e architettonico per la festa è Alfonso Rivarola detto il Chenda (1591-1640) architetto, ingegnere e pittore ferrarese. L’edificio utilizzato è un grande fabbricato, detto lo Stallone, sul lato est di Prato della Valle che all’epoca è ancora una distesa prativa. L’interno è organizzato in cinque ordini di logge e due gradoni su pianta ad U con al centro un campo usato per l’azione spettacolare. La novità nel teatro per l’Ermiona consiste nella suddivisione dello spazio in ‘palchettoni’ raggiungibili da corridoi retrostanti. Il palcoscenico è ampio e ricco di macchine e dispositivi per mutare la scena che cambia 8 volte, di cui 4 completamente. Sono quindi necessari 7 fondali e una serie di quinte per ambientare rispettivamente una marina con prospettiva di Tiro, una boschereccia o Campagna di Beozia e la città di Tebe che si identifica con la classica scena tragica.
Le quindici tavole sono le uniche immagini dello spettacolo e mostrano il proscenio e le scenografie con le inevitabili alterazioni dovute all’intervento dell’incisore e alle convenienze grafiche. Indicativa è la tavola in cui la comparsa del mantenitore a cavallo è ingigantita emblematicamente ad occupare tutta l’ampiezza del boccascena.