Il corredo illustrativo della Zucca
print this pageNei Fiori e nelle Foglie della Zucca del 1552, che seguono la Zucca del 1551, il Doni reimpiegherà 29 delle allegorie marcoliniane. Le allegorie, così come in generale le immagini della Zucca, non solo servono all’autore per vivacizzare decorativamente il volume, ma vedono mutare il loro significato iconografico in virtù del testo che le accompagna o che graficamente le circonda. Altrove ne divengono chiosa figurata oppure, ancora e più di frequente, funzionano quali metafore generative del testo stesso, veri pretesti attorno ai quali il Doni costruisce “novelle” e rielaborazioni di pensieri e scritti propri e altrui, nella singolare forma narrativa del “libro mescidato”. Esemplare in tal senso risulta il Sogno, testo nato a partire dall’immagine della Fortuna.
Attribuita nel disegno a Giuseppe Porta o alternativamente a Francesco Menzocchi, l’allegoria della "Fortuna" manifestava caratteri iconografici peculiari già in quella summa della cultura emblematica del tempo – fra tradizione e trasgressione dell’orizzonte d’attesa – costituita dal Giardino marcoliniano. Nell’edizione del 1540 e in quella del 1550, la Fortvna compariva infatti seduta su una sfera e non più precariamente in bilico, in piedi sopra di essa come nella maggior parte delle raffigurazioni precedenti e coeve. Più volte nella sua produzione il Doni dedica spazio alla Fortuna. Nel Sogno rammenta come ella “gettò via la ruota e si pose a seder sul mondo” dando inizio all’eterno dissidio Fortuna-Virtù.
Tra le figure allegoriche marcoliniane rifunzionalizzate nei Fiori e nelle Foglie della Zucca, l’immagine del "Diffetto" è l’unica concordemente ascritta all’invenzione del Porta. L’intricato incastonarsi di linee discende direttamente, ma non con egual nettezza di risoluzione, dai capricci disegnativi di Cecchino, autore riconosciuto della Fravde. Figura, quest’ultima che, insieme con il salviatesco Sapere va a intessere a sua volta un dialogo a distanza con certe stampe erotiche incise da Gian Giacomo Caraglio su disegno di Perin del Vaga. Nutrito appare invece, nei Fiori e nelle Foglie, il gruppo di xilografie spettanti a Lambert Sustris.
All’interno del gruppo sustriano possono essere delimitati ulteriori sottoinsiemi contraddistinti, rispettivamente, dall’analoga intenzionalità narrativa, dall’ambientazione paesaggistica già tutta veneziana, dall’affine impostazione spaziale, dalla presentazione delle figure di profilo o, altrove, trionfale su carri e portantine, infine da un gusto antiquariale espressivamente nordico. Se la Fortvna rimane sospesa tra l’attribuzione a Giuseppe Porta e quella a Francesco Menzocchi, contese tra Menzocchi e Sustris giacciono la Malinconia e la Corruttela. Sulla scorta dell’assegnazione al Menzocchi della Calamità e della Povertà, di derivazione sustriana per concezione spaziale, diverrebbero verosimilmente riconducibili al forlivese anche la Sterilità, di marca similmente espressivista, contestualizzata dalla quinta naturale di un massiccio tronco d’albero nodoso.
Salviati eseguì più di un disegno per le edizioni doniane, tra cui il ritratto del Doni, realizzato per Gli spiriti folletti editi nel 1546 e quindi riutilizzato nel frontespizio delle Lettere del Doni (Libro secondo) e l’immagine delle “tre corone”con la personificazione dell’Arno e il Marzocco, creata per le Prose antiche di Dante, Petrarcha, et Boccaccio et di molti altri nobili et virtuosi ingegni raccolte; entrambe vengono inserite nei Fiori.
Del tutto esogena rispetto al tono stilistico generale, ma non certo a quello tematico, appare la tavola del “Folle che cavalca il gambero”, piegata a significati diversi nei Fiori piegata a significati diversi nei Fiori e nella Moral filosophia oltre che nei Marmi. In controparte e con lievi modifiche, quali l’eliminazione del paesaggio e l’aggiunta delle redini e delle calzature con speroni, la xilografia discende da una delle illustrazioni
del Narrenschiff di Sebastian Brandt parte delle quali sono state ricondotte alla mano di Albrecht Dürer, a dispetto della vocazione “popolare” dell’opera che condivide, peraltro, con le Sorti la dislocazione emblematica delle immagini contrassegnate da didascalie. Il gambero-cavallo si era già visto in Italia nel frontespizio della Mula di Tamburino Sellaio. Ritratta al naturale con tutte le sue virtù, fascicoletto sottoscritto a Venezia da Traiano nel 1548. Tradizionalmente inclusa nel catalogo dello stampatore Curzio Troiano Navò, la curiosa stampa popolare non sarebbe altro che una della varie riproposizioni della Diceria della Mula del Doni, tirata dall’autore stesso subito prima o immediatamente dopo l’arrivo a Venezia, sotto l’allusiva e polemica responsabilità editoriale di Traiano. L’episodio va forse riallacciato alla vicenda della stampa non autorizzata della Canace di Sperone Speroni, alla quale il Doni si dichiarò sempre estraneo.
Concepita quale frontespizio per La vita di Maria Vergine dell’Aretino, la xilografia della Nascita della Vergine nelle Foglie. è concordemente attribuita nel disegno a Cecchino quale primizia editoriale del suo soggiorno veneziano. Vero e proprio hapax si mostra invece la tavola di analogo soggetto inserita nella manciata di pagine successive delle Foglie. Se della prima Nascita Doni offre una lettura tutta terrena, della seconda l’abilità della sua scrittura ecfrastica restituisce lo spessore allegorico-morale. Rilevando le stringenti affinità della tavola con la produzione vasariana, i critici hanno proposto il nome del Vasari per il disegno, che fu probabilmente fornito al Doni durante il suo biennio fiorentino 1546-1547. In effetti nella seconda "Nascita" si allenta quella legatura sincopata dei piani che identifica il particolare fraseggio spaziale di Cecchino; nondimeno la figura di fondo con il braccio alzato rimanda alla postura della figura a destra del Sapere, mentre il panneggio dei tendaggi si avvicina alle omologhe, numerose cortine di sfondo o di contorno nelle allegorie delle Sorti. Fiori e Foglie chiudono con la marca del Marcolini Veritas filia temporis.
L’esemplare padovano in esame appare rifilato superiormente e, nel frontespizio dei Fiori, anche lungo il lato destro. I Fiori rientrano nella emissione speciale, verificatasi nel corso della tiratura, comprendente epigrafi dedicatorie a Giovan Vincenzo Belprato, a Bernardino Bonifazio e a Ferrante Carrafa, apposte nel verso del frontespizio di ciascuna parte.