Stefano Lecchi, 1849, carta salata da calotipo, 164x223 mm.
Iscrizioni: (verso) a matita blu-violacea al centro “Calandrelli” e in alto a destra “5”, a inchiostro in basso al centro “S. Lecchi”, al centro timbro tondo a inchiostro blu “B.V.E.”, di lato a destra timbro numerico a inchiostro blu “961413”.
Via Aurelia Antica con a destra l’acquedotto dell’Acqua Paola e a sinistra l’ingresso a Villa Pamphili. La ripresa è stata effettuata all’altezza dell’arco con cui l’acquedotto transita sulla via. In primo piano sosta una carrozza.
Biblioteca di Storia moderna e contemporanea Ft.A.5
Citazione bibliografica
Il 30 aprile «[…] Garibaldi ordinava ad un piccolo nucleo dei suoi di occupare una casina che era sopra un prato di fronte al secondo cancello di Villa Pamphili. Unitomi a questo nucleo quando fummo alla casina ci contammo: eravamo in 17. Già i Francesi si preparavano ad attaccarla tentando di circondarla. Noi ci impegnavamo a difenderla, ciò che ci divenne impossibile quando i cannoni cominciarono a mitragliare quella specie di capanna. Allora, di corsa, passammo sotto gli acquedotti dell'Acqua Paola ed entrati dentro Villa Pamphili e chiusi i cancelli, ci appostammo dietro gli alberi di leccio sopra il muro che dà sulla strada che corre più bassa. Eravamo in una posizione eccellente; per attaccarci il nemico dovea salire su di un prato e, quando noi vedevamo apparir i pompons, ci mettevamo in guardia per aspettar che venisser fuori le teste, alle quali si tirava a segno allegramente. Noi avevamo per riparo le arcate dell'acquedotto, il muro che va da un'arcata all'altra e la strada, che equivale ad un fossato, poiché la Villa Pamphili si eleva col suo muro a terrazza sulla quale trovansi dei lecci secolari, dietro cui noi ci riparavamo. E buon per noi, ché queste piante erano, dalla parte del nemico, crivellate di palle». Costa, Quel che vidi e quel che intesi, p. 61.