Il manoscritto a Parma

Poco oltre la legatura è presente una duplice nota di possesso che informa del passaggio del Codice nelle mani di Orazio Pincolini Carissimi (1635-1713) e Artaserse Baiardi (1676-1767). Il primo fu uditore generale del duca Ranuccio per lo stato d’Abruzzo. Tra i due possessori, è il solo del quale sono noti interessi letterari e di bibliofilo, in quanto proprietario di una biblioteca non solo professionale, di cui è conservato l’inventario. Il nostro manoscritto non vi risulta presente. Il conte Baiardi ci è noto come capitano delle guardie alemanne, gentiluomo di camera del duca e membro della reggenza istituita a Parma dopo la morte di Antonio Farnese.

La morte colse il miles legumque doctor Beccario a Pavia nel 1355-56, a vent’anni dalla conclusione dell’esperienza podestarile a Genova. Nulla si sa della sorta toccata ai suoi manoscritti. E’ possibile che il Landiano sia passato nelle mani della famiglia pavese dei Langosco, cui apparteneva la moglie Ginevra, dalla quale Beccario aveva avuto la figlia Margherita, morta nubile. Il manoscritto esce così di scena fino alla sua ricomparsa a Parma.

 

Il committente e il copista del codice: la sottoscrizione del Ms. Landi 190

La sottoscrizione o colophon del copista Antonio da Fermo, posta in fondo al codice, ce ne rivela l’identità e precisa le circostanze della redazione, il committente e la data.
Il copista non scrive nulla di sé, se non il nome con l’indicazione della città di origine. Probabilmente faceva parte del seguito di Beccario, ed era pagato per scrivere i documenti e redigere gli atti previsti dalla carica del suo datore di lavoro.
Poco viene detto anche del committente, quel Beccario Beccaria, nato probabilmente intorno al 1285 e ancora vivo nel 1352 o 1353. Gli sono attribuiti i titoli di “miles imperialis” e “legum doctor” e di “potestas Ciuitatis et districti Ianuae”. Si sa tuttavia che rivestì dapprima cariche per conto dei Visconti. La sua iscrizione funeraria a Pavia ricorda i ruoli podestarili da lui ricoperti in varie città dell’Italia settentrionale, tra cui, nel 1335-1336, Genova. In altri luoghi, tra cui Parma, Fermo e Pisa fu capitano del popolo.
Beccaria fu inoltre uno dei capi del ghibellinismo pavese. Fu coinvolto nella rapina dei 60.000 fiorini d’oro che il pontefice Giovanni XXII, nel 1328, intendeva inviare al cardinale Bertrando del Poggetto per le paghe dell’esercito e per coprire le più urgenti spese militari. Dalla scomunica che lo colpì fu successivamente sciolto, anche in seguito al recupero e alla restituzione del denaro e all’avvio di una politica meno ostile al Papato.

 

La nota di possesso cancellata

Notizie genealogiche di Beccario si ricavano dalla nota di possesso all’inizio del Codice, precedentemente sottoposta a raschiatura, che segnala i nomi degli antenati in linea maschile di Beccario. Solo grazie all’uso di un reagente chimico, che ha lasciato una evidente traccia blu, è stato possibile decifrare la scritta. Un’analoga nota di possesso si ritrova in un altro codice pergamenaceo appartenuto a Beccario di cui dà notizia Lodovico Antonio Muratori (1672-1750), risalente al 1331-1332.

Vai a: Un Beccaria nella Commedia