La Fiera di Senigallia

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La Fiera di Senigallia, luogo privilegiato di approvvigionamento per le molte regioni che si affacciano nel medio Adriatico, rappresenta per eccellenza il “luogo di incontro tra l'industria europea e il Levante” ed emporio di merci, prodotti e lavorati provenienti dallo Stato Pontificio[1]. L’importanza di questa fiera, dedicata alla patrona della città, la Maddalena (da cui la denominazione Fiera della Maddalena), è documentata dalla nascita nel XV sec., in epoca roveresca, e piena affermazione nel corso del Settecento: calendarizzata tra fine Luglio ed Agosto, la fiera doveva tenersi in prossimità delle rive del canale del Misa, dove era facile l’attracco e la navigazione.

Luogo d’incontro tra Ponente e Levante, l’appuntamento fieristico diventa centrale nell’economia pontificia del Settecento, con la concessione papale di franchigie e la costituzione di un consolato: la fiera era l’approdo di vendita per molti prodotti del territorio pontificio (derrate alimentari, cordami, tele da vela e pannine etc.), molto ambiti specialmente dai mercanti levantini (slavi, turchi, dalmati e greci), oltre ad essere luogo d’acquisto ed importazione di materie prime e merci dall’Oriente (costa dalmata, Albania, Turchia etc.), come pesce salato, i formaggi, le lana e tele schiavine, cuoi e corami, tabacco etc.

La frequentazione di molti operatori provenienti dalle nazioni marittime ponentine (Francia, Inghilterra ed Olanda) rendeva la fiera di Senigallia il mercato principale per lo scambio di stoffe (cotonine e pannine), tessuti e droghe occidentali, corroborato dalla presenza di bergamaschi, bresciani, veronesi e vicentini, esportatori di prodotti tradizionali delle loro manifatture come panni, seterie, armi, mobili, legno lavorato, gioielli, vetri, specchi e cristalli[2].

Lo sviluppo della fiera nel Settecento e la presenza di tantissimi mercanti ed operatori economici nella città, per i quali servono non solo spazi dedicati allo stoccaggio ed esposizione delle merci (le botteghe) ma anche alloggi, innesca l’ampliamento della città, una notevole operazione urbanistica sponsorizzata dal Cardinale Ercoloni che porta all’espansione e raddoppio del tessuto urbano verso il porto canale del fiume Misa esito di una programmata trasformazione da antica città-fortezza (delimitata dalle mura roveresche) a moderna città mercato, dotata di adeguate strutture architettoniche destinate a funzioni specialistiche come botteghe, fori e portici[3].

In questo rinnovamento ed ammodernamento urbanistico rientrano senz’altro i Portici Ercolani, costruiti tra il 1746 ed il 1805 sul lato Nord della città e sulla sponda del canale del fiume Misa dall’architetto Alessandro Rossi, come sequenza di palazzi porticati (126 arcate a pian terreno in pietra d’Istria) con funzioni di alloggio e bottega per i mercanti nel tempo di Fiera e passeggiata coperta per i cittadini. Sempre nel riammodernamento urbano rientra il maestoso Foro Annonario, edificato nel 1837 prima dell’inizio dei Portici Ercolani e nel luogo dell’antico ghetto per opera dell’architetto senigalliese Pietro Ghinelli, che con la sua struttura di porticato semicircolare a 24 colonne doriche si snoda intorno alla piazza ospitando numerose botteghe ed il mercato del pesce.


[1] Per l’evoluzione nella storia della fiera di Senigallia e per una visione più completa sulle merci scambiate, la presenza dei mercanti e l’importanza dell’appuntamento per lo Stato Pontificio si cfr. M. Cassani, Mercanti e botteghe comunali alla fiera di Senigallia, in “Proposte e ricerca”, 59, 2007, pp. 67-82 e M. Moroni, Nel medio Adriatico ..., cit., pp. 152 e ss.
[2] Si cfr. e M. Moroni, Nel medio Adriatico ..., cit., pp. 152 e ss.
[3] Si cfr. M. Cassani, Mercanti e botteghe ..., cit., p. 68;  per le opere urbanistiche dell’ampliamento si cfr. S. Anselmi, R. Paci, M. Bonvini Mazzanti (a cura di), Senigallia e i suoi dintorni : itinerario storico-artistico, Senigallia 1968