Un’inedita relazione datata 26 novembre 1934, firmata dal direttore della società A.C.E. Giulio Marino Ferrari, ci ragguaglia brevemente circa le vicende connesse alla realizzazione dell’ornato scultoreo dell’erigendo tempio simbolo di tutti i sacrifici e di tutte le glorie dei nostri valorosi soldati e dei caduti per la rivoluzione fascista. La commissione giudicatrice del concorso indetto allo scopo era costituita da 11 membri tra cui il sovrintendente alle Antichità e all’Arte del Brutio e della Lucania, il podestà, lo stesso progettista del tempio, l’arch. Camillo Autore, e il prof. Frangipane.
A seguito di uno scrupoloso esame delle opere presentate, la commissione decideva di bandire un nuovo concorso più selettivo invitando solo quattro tra i concorrenti più meritevoli. I bozzetti rimanevano esposti per 10 giorni nei locali del Convitto Nazionale con gran concorso di gente, ma nell’ indifferenza della stampa locale come se si fosse trattato di decidere su fatti di nessun interesse.
Uguale silenzio accompagnava una nuova esposizione svoltasi nella sacrestia della chiesa di San Giorgio nel gennaio 1934; questa volta la commissione giudicatrice valutava che soltanto due dei bozzetti presentati rispondessero alle norme del Concorso per la statua equestre e ciò tanto in relazione all’espressività del gruppo scultoreo raffigurante San Giorgio e il drago, quanto in riferimento allo stile che avrebbe dovuto riflettere la serenità del carattere architettonico della facciata ove la statua doveva avere sede. Uguali considerazioni riguardavano le formelle decorative.
I premi predisposti dalla Società A. C. E. venivano assegnati ad Antonio Bonofiglio e Serafino Coco per il gruppo scultoreo, mentre per le formelle al prof. Rimmaudo e allo stesso Coco che, alla fine, risultava il vincitore morale del concorso per avere brillantemente superate le due prove. A quest’ultimo veniva affidata la realizzazione delle formelle esterne da realizzarsi in finta pietra, mentre per motivi economici si doveva rinunciare a far eseguire la statua equestre. I soggetti iconografici delle formelle, quali oggi possono ammirarsi, subirono degli “aggiustamenti” in fase di realizzazione cosicchè, ad un primo contemperamento di istanze religiose e patriottiche, si preferì lasciar spazio ad un linguaggio ispirato alla retorica di Regime; fu cosìche pietas e dolore per le perdute giovani vite vennero tradotti ed adattati ai valori di un nuovo credo, divenendola memoria della Grande Guerra occasione per l’esaltazione della Nazione e della nuova ideologia secondo la quale «gli eroi non si piangono si imitano».
Le decorazioni della cupola e della calotta dell’abside affidati al pittore Diego Grillo avrebbero dovuto respirare la medesima aria: accanto alla Santissima Trinità, sarebbero stati raffigurati la Lotta degli Eroi e la Sepoltura del Caduto. L’importo dell’opera si sarebbe pagata in tre rate per un ammontare di £. 36.000, ma ancora una volta l’insufficienza delle somme disponibili ne resero impossibile la realizzazione.