La casa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e compagni

San Giorgio è un personaggio realmente esistito. Le leggende che lo riguardano con draghi e principesse trafitte da un raggio di luce, le stesse raffigurazioni del Santo, stante oppure a cavallo, trasportano significati precisi. Giorgio fu un militare romano vissuto in Palestina nel III secolo dopo Cristo (275/285), probabilmente martirizzato sotto Diocleziano a Nicomedia, intorno al 303. Una lapide del 368 proveniente da Eraclea di Betania ricorda la “casa dei santi e trionfanti martiri Giorgio e compagni”. 

La persecuzione del 303 fu particolarmente efferata, il rifiuto del riconoscimento della natura divina dell’imperatore, significava opposizione all’autorità politica. In tale ambito, prese avvio il movimento eremitico, particolarmente in Egitto (Sant’Antonio lo stilita) o in Palestina (sant’Ilarione). Furono anni in cui il Cristianesimo attecchì profondamente nella fascia orientale dell’impero, dilagando col sangue dei suoi martiri. Infatti, quasi tutte le famiglie avevano avuto contatti stretti con persone sacrificate a causa di principi di amore, carità e uguaglianza.

La sua tomba a Lydda fu per secoli meta di pellegrinaggi, tanto che nel XII secolo il re d’Inghilterra, Riccardo Cuor di Leone, in Terra Santa per le Crociate, restaurò la costruzione costantiniana ed edificò una nuova basilica cimiteriale. Certo il Santo in quel periodo andava compiendo un percorso straordinario nell’immaginario e nelle tradizioni del mondo medievale. Lydda, sulla strada dal Mediterraneo a Gerusalemme, in periodo bizantino divenne Aghiogeorgiopolis e fu sede vescovile. Le raffigurazioni del Santo, che da militare a piedi sale a cavallo e diventa il cavaliere per eccellenza, avvenne per osmosi con altri miti ambientati in Terra santa. I crociati che avevano assistito alla riedificazione della chiesa palestinese, avevano subito il fascino delle narrazioni su Perseo e Andromeda di cui avevano visto a Costantinopoli la scultura riproducente il mito di Perseo in sella a Pegaso, mentre uccideva il mostro. Tuttavia, più che il Decretum Gelesianum (V secolo) che ne autorizzava il culto, fu Jacopo da Varagine (circa1230-1298) con il suo Legenda Aurea, best-seller d’epoca, a codificare gli eventi relativi alla vita del nostro santo. Giorgio era considerato uno dei protettori dell’esercito bizantino e i Normanni, ne avevano assorbito il culto quando prestavano servizio al soldo dell’impero. Avevano anche imparato tecniche e compreso le debolezze delle periferie. Le date di santificazione e gli enormi supplizi che avevano accompagnato Giorgio verso la vita eterna, lo avevano inserito su preesistenti riti naturalistici. In particolare nelle regioni nord europee, Jack the green si era integrato col Santo protettore dei Normanni, sostituendo divinità dei campi e della primavera. Era giunto in Inghilterra sul filo delle picche di Guglielmo il Conquistatore e contemporaneamente nel Meridione d’Italia con i fratelli Altavilla, ma le ramificazioni del rito e la sua condivisione con le religioni monoteiste, proclamano l’ecumenicità di cui san Giorgio rimane il campione.