Le risaie del Delta del Po, un ambiente da valorizzare

Le risaie del Delta del Po, un ambiente da valorizzare*

Luciana Finessi

C’è una provincia in Emilia-Romagna dove l’acqua è di casa, anzi dove da forse oltre 1000 anni le popolazioni rurali lottano per guadagnare terra da coltivare.

Siamo nella provincia di Ferrara, vicinissimi alla foce del grande fiume Po, che delimita per un lungo tratto il confine a nord della Regione e la divide da Lombardia e Veneto. Ferrara una provincia in cui secondo l’Istituto Geografico Militare si trova il punto altimetricamente più basso d’Italia, precisamente ci troviamo nella località Le Contane del comune di Jolanda di Savoia e siamo a quasi tre metri e mezzo sotto il livello del mare.

Non è un caso se in questa zona si coltiva da secoli il riso che con un’alternanza di immersioni in acqua a cui succedono periodi di secche oppone la risalita di acqua salmastra. Il riso di queste zone ha un chicco grande, cristallino, compatto, resistente alla cottura, con un elevato tenore proteico e con un aroma ed una sapidità particolare, che acquisisce dal terreno. Per queste caratteristiche e grazie anche ad una vasta documentazione, che ne dimostra la coltivazione in questi territori già dal quindicesimo secolo, è potuto diventare dal 2012 il Riso del Delta del Po IGP, uno dei 44 prodotti a qualità regolamentata della Regione Emilia-Romagna.

La coltivazione del riso nel comune di Jolanda di Savoia è divenuta così importante e fonte di reddito per tante imprese che da oltre oramai 20 anni il prodotto viene celebrato, raccontato, cucinato e servito durante “Le giornate del riso”, manifestazione che si svolge ogni anno in agosto.

 

Effettuare un giro in questi territori in primavera inoltrata quando iniziano gli allagamenti delle risaie e le piante sono ancora piccole e quasi totalmente sommerse dall’acqua, ci fa ricordare come questi siano davvero terreni bassi e sotto il livello del mare. Terreni coltivati grazie ad una meticolosa opera di bonifica realizzata nei secoli dalle genti di questi territori per strappare terra alla palude.

Sono territori unici nel loro genere con una storia di fatica e miseria, lo attestano tanti documenti e filmati facilmente trovabili e visibili anche in internet.

Un territorio dove i segni delle varie fasi di bonifica sono ancora ben evidenti, in particolare quelli dell’ultima, realizzata a partire dai primi anni ’50 nel secolo scorso.

La località di Le Contane del comune di Jolanda di Savoia rientra infatti nei territori di intervento della oramai lontana Legge n. 841 «stralcio» di Riforma Fondiaria del 28 ottobre 1950.  Stralcio perché limitava gli interventi solo ad alcune zone con particolari problemi di povertà e disoccupazione e nell’Italia settentrionale l’unica grande zona interessata fu il comprensorio del Delta del Po, con 23 Comuni delle province di Ferrara, Ravenna, Venezia e Rovigo.

 

Gli interventi della riforma hanno trasformato profondamente il paesaggio di questa parte del ferrarese, sono state costruite: strade, case, chiese, scuole e realizzate nuove borgate, realizzazioni che hanno contribuito a migliorare le condizioni economiche e sociali degli abitanti di questo territorio.

 

A partire dalla fine del 1953 nel comune di Jolanda di Savoia con gli interventi della riforma fondiaria furono costruiti ben 24 borghi risicoli, edificati lungo i principali canali per favorire ovviamente l’allagamento dei terreni e il successivo scolo. Ogni borgo risicolo era collegato alla rete stradale comunale ed era costituito da un insieme di 6/8 case monofamiliari, costruite nei punti più alti rispetto al piano di campagna. Nel borgo c’erano poi edifici di uso comune: essiccatoio, magazzino, ricovero attrezzi, aia, stalla e concimaia, dove si raccoglieva il letame degli allevamenti, che veniva poi distribuito come concime nei campi in periodi ben precisi dell’anno. Gli edifici di uso comune si trovavano alla fine della strada secondaria di accesso al gruppo di case in prossimità degli appezzamenti agricoli. Nel borgo risicolo con regole ben definite le famiglie lavoravano insieme 40/50 ettari di risaia in rotazione.

Gli anziani del luogo li chiamavano ancora “le collettive” e direi che il termine è sicuramente riferito al lavoro comune dei terreni.

Ogni borgo aveva un nome: Foscarina, Foscari, Bonaglia, Pallotti, Carlina, Giovanna, Mimma, Augusta, Belvedere, Cerere, Saturnia, Demetrio, Rossetti, Leona, Ravenna, Bologna, Ferrara, Asti, Torino, Alessandria, Fenoglio, Bernardi, Pola e Zara.

 

Ora dopo oltre 60 anni dai primi interventi di riforma, molti degli edifici hanno cambiato la loro destinazione d’uso, le scuole sono diventate quasi tutte delle abitazioni o sono chiuse, anche molte delle case del Delta, soprattutto quelle delle borgate più sperdute, sono disabitate e altre hanno subito ristrutturazioni che ne hanno trasformato completamente le caratteristiche.

Chi come me ricorda la vivacità di queste borgate negli anni ‘60, vive oggi con difficoltà il senso di abbandono purtroppo evidente in alcuni zone di questi luoghi, ma le risaie sono rimaste e mantengono intatto il loro grande fascino, con gli appezzamenti rettangolari e regolari, in cui è sempre più facile scorgere aironi cenerini e tanti altri uccelli acquatici.

Un territorio con una storia speciale e una caratterizzazione di ambiente e paesaggio da valorizzare sempre di più, insieme alla sua memoria rurale e ai suoi importanti e gustosi prodotti.

*Il testo è comparso in Agricoltura, settembre-ottobre 2017, Anno 45, n. 9-10, p. 20.

Tra le risaie del Delta, foto di Fabrizio Dell'Aquila Risaie del Delta, foto di Fabrizio Dell'Aquila Risicoltura, foto di Fabrizio Dell'Aquila