Le "signorine" in centrale e al cinema
print this pageNel corso degli anni Trenta le centrali telefoniche delle grandi città erano oramai automatizzate. L’esercito delle telefoniste tuttavia non diminuì. Anzi, la diffusione dei nuovi servizi speciali (ora esatta, sveglia, segreteria, elenco abbonati, chiamata taxi, ecc..), e l’ampliamento della rete extraurbana che rese possibile un aumento del traffico interurbano, fondato ancora sulla commutazione manuale, consolidarono la figura professionale dell’operatrice telefonica, sempre più essenziale nel ricoprire il delicato ruolo di prima interfaccia tra l’azienda e l’utenza.
Il tema delle giovani ragazze con cui si entra in contatto attraverso la voce divenne in questi anni oggetto di narrazioni cinematografiche fondate sugli intrecci amorosi e sugli equivoci. Sempre al cinema, il successo dei “telefoni bianchi” sottolineava quanto esclusivo fosse ancora l’uso del mezzo in ambiente domestico, che spesso continuava a essere considerato un frivolo giocattolo, come ricorda anche il popolare poeta Trilussa.
AL CINEMA: LE SIGNORINE IN DIVISA
Le signorine del telefono sono le protagoniste del film La telefonista (1932) di Nunzio Malasomma, tra i registi della stagione dei “telefoni bianchi”. La narrazione del film, una popolare commedia degli equivoci con una brillante componente musicale, ha per tema centrale il lavoro delle operatrici di una centrale telefonica che fronteggiano le continue proteste degli abbonati dovute ai disservizi sulle linee. Su questo sfondo vicissitudini sentimentali ed equivoci, giacché con le “signorine” si può intraprendere una conversazione senza conoscersi e senza essersi mai visti.
Nelle recensioni del film si sottolineò negativamente la rappresentazione giudicata anacronistica della realtà del servizio telefono in Italia che proprio in quegli anni andava trasformandosi grazie all’adozione del sistema automatico nelle centrali, facendo così venir meno la necessità dell’intervento delle telefoniste per le comunicazioni urbane. In effetti l’automatizzazione del sistema stava interessando le grandi città italiane. Nel resto del Paese, invece, prevaleva ancora il collegamento telefonico manuale.
Guarda il filmAL CINEMA: I TELEFONI BIANCHI
Con l’espressione “telefoni bianchi” si indica quel genere cinematografico patinato, prodotto in Italia tra il 1936 e il 1943, ambientato in genere in un’immaginaria Ungheria, con protagoniste donne avvenenti dell’alta società che usavano, per conversare al telefono da casa, apparecchi esclusivamente bianchi. Il “telefono bianco” era dunque uno status symbol, l’icona di un mondo lussuoso che poteva permettersi qualche sregolatezza. In effetti il telefono in ambiente domestico era ancora confinato a una ristretta élite e non solo perché il suo costo non era accessibile a tutti. Per poter utilizzare il mezzo la disponibilità economica non era l’unica condizione necessaria: era infatti essenziale abitare in un comune raggiunto dalla rete e in un’area dove ci fosse disponibilità di numeri da assegnare.
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