L’origine della Biblioteca Nazionale di Torino è indissolubilmente legata al concetto di dono in ambito culturale e alla congerie di idee innovative che gravitarono intorno alle figure di Vittorio Amedeo II di Savoia e di Scipione Maffei.
Quanto è remota la dimensione del dono oggi che il fare e l’avere prevalgono sul dare e sull’essere, oggi che anche i rapporti sono concepiti in un’ottica utilitaristica. In ambito culturale, tuttavia, non esiste “dare per avere” né “dare per dovere”. Donazioni e lasciti costituiscono le fondamenta dei rapporti tra mondo delle arti e istituzioni, enti pubblici e privati.
Scipione Maffei, su richiesta del sovrano in uno scritto datato 20 febbraio 1718, dona un parere sull’ordinamento d. ella Regia Università di Torino e della futura “Insigne Regia libreria”: “...ciò che può esser corona di tutta l’opera e che può finire di render Torino un seminario di dotti, e un emporio di buoni studi. Ciò sarà con instituire un’insigne e Regia Libreria Pubblica...un Maestro insegna una professione ed i libri le insegnano tutte: un maestro è spesso un uomo mediocre e in una biblioteca possiamo scegliere i migliori del mondo, non c’è però più util maestro di un dotto bibliotecario, che in una gran libreria ci indica, in ogni materia, i migliori volumi”.
Accogliendo le idee dello studioso il sovrano sancì con le Regie Costituzioni del 25 ottobre 1720 l’origine della Biblioteca normando il funzionamento dell'Università Torinese. La biblioteca iniziò operativamente la sua attività nel 1723 con la donazione di oltre 20.000 libri provenienti da tre importanti fondi librari presenti in città: i libri del Comune, la raccolta della Regia Università e i libri della Biblioteca Ducale. Nel corso del Novecento la Biblioteca andò incontro a diverse avversità a partire dall’incendio del 1904, che devastò buona parte dei suoi antichi e preziosi fondi manoscritti e che portò anche alla costituzione del primo laboratorio per il restauro del libro in una biblioteca dello Stato.