La Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino è un Ente pubblico statale afferente alla Direzione Generale Biblioteche e Diritto d'Autore del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo.
Istituita da Vittorio Amedeo II con le Regie Costituzioni del 1720 ‒ grazie all’unione delle precedenti raccolte librarie ducale, civica e universitaria ‒ nel 1723 iniziò la sua attività di prima biblioteca pubblica del Regno all’interno dell’Ateneo torinese, nel cui ambito rimase per oltre 150 anni. Con R.D. del 1876 fu l’unica tra le biblioteche universitarie del Regno ad assumere il titolo di Nazionale in quanto incaricata "di rappresentare, nella sua continuità e generalità, il progresso e lo stato della cultura italiana e straniera".
Il patrimonio librario conservato è vastissimo per tipologia di argomenti, pregio e rarità: dalla collezione di circa 1.600 incunaboli alle 6.000 edizioni di cinquecentine; dalla raccolta di 15.000 incisioni, tra cui spiccano stampe di Albrecht Dürer, Giovenale Boetto, Brugel il Vecchio, alla raccolta di disegni, comprendente, oltre a quelle di molti altri artisti, opere di Ascanio Vitozzi e gli album di progetti e bozzetti di Filippo Juvarra. Degno di nota è soprattutto il patrimonio manoscritto – proveniente in gran parte dalle collezioni di Casa Savoia e ulteriormente incrementato nei secoli – che annovera codici in lingua araba, in ebraico, in persiano, in turco, manoscritti greci, manoscritti latini (si segnalano, in particolare, quelli provenienti dall’abbazia di Bobbio), in volgare italiano, in lingua francese e in lingua spagnola. Altrettanto ricco e originale è il patrimonio musicale la cui preminenza spetta alle Raccolte Mauro Foà e Renzo Giordano, acquisite nei primi decenni del ’900, che riuniscono la più grande collezione di opere autografe di Antonio Vivaldi. Merita ancora menzione il fondo di danza Gianni Secondo, che raccoglie un ricco nucleo bibliografico di opere sulla storia del balletto dal XVI agli inizi del XXI secolo.
Nella notte tra il 25 e il 26 gennaio 1904, un incendio devastò cinque sale della biblioteca (allora con sede in via Po), compromettendo in particolare la sezione dei codici manoscritti. L’evento ebbe una vasta eco nel mondo e stimolò una generosa donazione internazionale di pregiate opere e pubblicazioni.
Il bombardamento dell’8 dicembre 1942 colpì pesantemente l’antica sede dell’Istituto causando la perdita di oltre 15.000 volumi, tra cui antichi atlanti e porzioni del catalogo generale.
Nel 1957 ebbe inizio la costruzione dell’attuale sede in piazza Carlo Alberto, nell’area pima occupata dall’ottocentesco palazzo dell’Antonelli e dalle antiche scuderie del Principe di Carignano, di cui rimane traccia nella storica facciata. La nuova sede fu aperta al pubblico il 15 ottobre 1973.
Il 18 settembre 2015 si inaugurò l’auditorium Vivaldi con l’attigua sala polifunzionale Juvarra, oggi sede di convegni, concerti, eventi d’arte, mostre bibliografiche e storiche.
Nel marzo 2020 è stato completamente ammodernato l’atrio d’ingresso principale potenziando le capacità di accoglienza, attrattività, mobilità e sicurezza a favore degli utenti.
Gli incunaboli
La collezione di incunaboli, ricca di più di 1600 edizioni, offre un ampio panorama sui primi anni di vita della stampa in Europa e, più in particolare, in Italia. Ne sono testimonianza il Rationale divinorum officiorum di Gugliemo Duranti (in un esemplare miniato per i Della Rovere), il De officiis e altri testi di Cicerone, le Institutiones di Giustiniano con il commento dell'Accursius stampate a Magonza da Johann Fust e Peter Schoffer, rispettivamente nel 1459, 1465, 1468, nonché numerosi volumi pubblicati a Roma dai prototipografi italiani Conrad Sweynheym e Arnold Pannartz. Importanti sono anche le prime stampe, tra cui alcune in caratteri greci come l'Aristotele in tre volumi e la celeberrima Hypnerotomachia Polyphili di Francesco Colonna del 1499, di Aldo Manuzio.
Di particolare interesse sono altresì gli incunaboli ebraici per lo più usciti dalla bottega della famiglia di Joshua Salomon Soncino, tra cui il Masal ha-qadmoni (la Favola antica), dello spagnolo Isaac ibn Sahula, edizione bresciana del 1497. Purtroppo l'incendio del 1904 devastò la sezione piemontese, distruggendo esemplari unici o rarissimi, fondamentali per lo studio dell'introduzione della tecnica tipografica in regione.
Fanno parte del patrimonio anche una copia del Confessionale Defecerunt di S. Antonino, il più antico testo datato edito in Piemonte, a Mondovì, nel 1474, nonché numerosi incunaboli che testimoniano la diffusione che ebbe la stampa nella regione.
Edizioni antiche
Cospicua è la raccolta di cinquecentine, ammontante a più di 6.000 edizioni. Pregevolissima è un'edizione di lusso della Bibbia poliglotta, in ebraico, caldeo, greco e latino, stampata ad Anversa da Christophe Plantin nel 1569, in 8 volumi, di cui i primi cinque e il settimo sono in pergamena.
Ampiamente testimoniate sono anche le edizioni aldine. Le collezioni comprendono edizioni dei successivi secoli XVII e XVIII, arricchite da splendide legature alle armi di casa Savoia e appartenenti alle biblioteche personali dei sovrani; varie edizioni del piemontese Giovanni Battista Bodoni, celebre stampatore ducale a Parma; una ricchissima ed eccezionale raccolta di periodici di antico regime e la collezione, praticamente in copia unica, delle tesi di laurea sostenute all'Università di Torino dagli inizi del XVIII secolo alla metà circa dell'Ottocento.
Incisioni e disegni
La raccolta di incisioni (più di 15.000), le cui origini risalgono alla biblioteca ducale e alla confluenza dei fondi gesuitici, conserva opere dei più celebri incisori di tutti i tempi tra cui si segnalano Albrecht Dürer, Giovenale Boetto, Brugel il vecchio, Jacques Callot, Carracci, Lucas Cranach, Stefano della Bella, Luca di Leida, Andrea Mantegna, Claude Mellan, il Parmigianino, Giovanni Battista Piranesi, Marcantonio Raimondi, Guido Reni, Salvator Rosa, Agostino Veneziano.
Di sicuro interesse è la raccolta di disegni e stampe di Filippo Juvarra e suoi allievi, soprattutto Ignazio Agliaudi Baroni di Tavigliano e Giambattista Sacchetti. Oltre a questi sono presenti altri disegni di architettura di Ascanio Vittozzi, di Ercole Negro di Sanfront e dei Valperga. Accanto si segnalano disegni di artisti rinascimentali quali Luca Cambiaso e Bernardino Lanino, e barocchi come Vanvitelli e Fabrizio Galliari.
Patrimonio manoscritto
Il patrimonio manoscritto della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino proviene in gran parte dalle collezioni di Casa Savoia. Ammontante almeno a 4500 unità agli inizi del Novecento, la raccolta fu gravemente danneggiata nell'incendio del 1904. L'intero fondo è di estremo interesse sia per i testi conservati sia per la storia dei supporti scrittorii (si conservano, infatti, anche due manoscritti in lingua indiana su foglie di palma, alcuni papiri copti e un rotolo membranaceo in lingua ebraica databile al secolo XVIII) sia per la storia della miniatura.
Il patrimonio manoscritto presente in Biblioteca prima del 1904 è diviso secondo la lingua tra codici in alfabeto orientale (ebraico, arabo, persiano e turco), codici in alfabeto greco e manoscritti in alfabeto latino (latini, italiani, francesi, spagnoli); a questo si aggiunge un fondo, denominato Nuove Accessioni, in cui sono collocati manoscritti e documenti entrati in Biblioteca dopo la data del 1904.
Della ricchissima raccolta di opere ebraiche possedute dalla Biblioteca prima del 1904, considerata nel passato una delle collezioni più ricche e più complete d'Europa, sopravvivono oggi solo un centinaio tra codici e frammenti databili tra il XII e il XVI secolo. Tra i manoscritti più significativi segnaliamo il codice scritto a Ferrara nel 1472 contenente l'opera Quatuor Ordines di Jacob Ben Ascer, ricco di pregevoli miniature; e la versione ebraica del Commento Medio alla Metafisica di Averroè condotta da Zerahyah nel 1284.
Altrettanto importante e ricco era il fondo manoscritto comprendente codici e documenti in arabo, persiano e turco, gravemente danneggiato nell'incendio del 1904. Tra i manoscritti più significativi è da segnalare il Trattato di medicina in lingua araba di ar-Razi (Rhasis) del secolo XIV, di cui la Biblioteca possiede anche una traduzione latina manoscritta del secolo XV appartenuta al cardinale Domenico della Rovere.
Il fondo manoscritto greco della Biblioteca ducale, la cui consistenza fu notevolmente incrementata da Carlo Emanuele I di Savoia, contava almeno 405 codici prima del 1904. La sezione, gravemente danneggiata dall'incendio, conserva oggi un fondo di alcune centinaia di codici, dei quali quelli miniati o decorati ammontano a circa novanta, databili dal X al XVI secolo. Tra i codici più antichi particolarmente significativi sono il Teodoreto (fine del secolo X o inizio del secolo XI) con miniature che riproducono su fondo oro i medaglioni dei 22 Profeti e il Gregorio Nazianzeno (fine del secolo XI o inizio del secolo XII.
Il fondo manoscritto in alfabeto latino è costituito da codici latini, francesi, italiani e spagnoli. Tra i codici più significativi sono da segnalare un manoscritto della metà del secolo IX contenente il trattato di Rabano Mauro De Laudibus S. Crucis; il Commento all'Apocalisse di Beatus di Liebana, copia catalana (secolo XI-XII) del Beatus visigotico della cattedrale di Gerona, databile al 975; il celebre codice k dei Vangeli, che contiene una traduzione dei Vangeli di Marco e di Matteo precedente alla Vulgata, scritto probabilmente in Africa nel IV-V secolo e proveniente da Bobbio; il manoscritto della Bibbia legato alla produzione "sveva" dell'Italia meridionale negli anni di Federico II, Manfredi e Corradino; il cosiddetto Messale Rosselli di proprietà del cardinale Nicolò Rosselli databile al secolo XIV, legato alla cultura catalana del periodo; l'Historia Naturalis di Plinio, realizzato fra il XV e il XVI secolo per la famiglia Gonzaga, con miniature attribuite alla scuola di Mantegna; il Mondo Creato di Torquato Tasso databile tra la fine del secolo XVI e gli inizi del secolo XVII.
Tra i codici entrati in Biblioteca dopo il 1904 particolarmente significativi sono gli statuti di Chieri e di Ronco Canavese; autografi di Foscolo, di Gioberti, di Pellico, di Tommaseo; il fondo delle opere manoscritte e a stampa di Clarice Tartufari; gli archivi di Giovanni Flechia, di Alberto Nota, di Felice Romani e della famiglia Peyron.
Patrimonio musicale
Tra i fondi musicali dell'Istituto un posto di preminenza spetta alla Raccolta Mauro Foà (costituita da 87 manoscritti e 66 opere a stampa) e alla Raccolta Renzo Giordano (comprendente 167 manoscritti e 145 opere a stampa), famosissime fra i musicologi di tutto il mondo. Il pregio e l'unicità dei due fondi risultano dalla presenza in essi delle opere in gran parte autografe di Antonio Vivaldi, delle opere di Alessandro Stradella, di rari volumi di intavolatura d'organo tedesca del secolo XVII, di partiture manoscritte e a stampa di Gluck, Haydn, Traetta, Rameau, Favart, Philidor, e di manoscritti e di edizioni a stampa di composizioni italiane e francesi della fine del Settecento e degli inizi dell'Ottocento.
Notevole interesse riveste la Riserva Musicale, che contiene manoscritti e stampati di musica in gran parte provenienti dalla Libreria Ducale di Casa Savoia e risalenti per lo più ai secoli XV-XVIII. Nella raccolta sono ancora collocati i manoscritti e i libri rari e di pregio di argomento musicale che la Biblioteca acquisisce correntemente. Fra le opere più prestigiose sono da segnalare il Codice di Staffarda proveniente dall'omonima abbazia, databile probabilmente alla fine del secolo XV; il cosiddetto Cancionero de Turin contenente composizioni spagnole; il Ballet comique de la Royne di Baldassarre Baltazarini di Belgioioso (Balthasar de Beaujoyeulx), primo esempio di ballet de cour e unica copia esistente in Italia; e Il Ballarino di Marco Fabrizio Caroso, primo trattato sull'arte della danza, stampato a Venezia nel 1581.
Particolarmente importanti, sia per i musicologi sia per gli studiosi del libro, risultano i codici medievali latini, bizantini e francesi con notazione musicale; la serie dei codici provenienti dall'Abbazia benedettina di San Colombano di Bobbio e i manoscritti liturgici medievali, di cui quattordici anteriori al secolo XIII.
La Biblioteca può anche vantare la presenza di dieci codici che riportano, oltre al testo, le scene e i costumi realizzati per feste di corte organizzate presso la corte sabauda nel secolo XVII. La scrittura, vero e proprio capolavoro calligrafico, e le tavole dei disegni a piena pagina sono opera di Tommaso Borgonio, segretario ducale, disegnatore, incisore e cartografo. La Biblioteca possiede anche i manoscritti con le musiche delle arie danzate.
Di notevole interesse sono anche la raccolta di libretti di opere e di oratorii, al cui interno si evidenziano le collezioni delle opere rappresentate nei teatri di Torino negli anni 1702-1856; nei teatri di Milano nel periodo 1801-1824; di diversi teatri italiani e stranieri; nonché le pubblicazioni di editori musicali torinesi dei secoli XVII e XVIII.
Fa parte del patrimonio musicale della Biblioteca anche una raccolta di edizioni musicali dell'Ottocento e della prima metà del Novecento.
Fondo di danza Gianni Secondo. Nel gennaio 2011 Giovanni Secondo (10 settembre 1925 – 28 luglio 2011), che con tale atto volle stabilire anche l’intitolazione del fondo, donò alla Biblioteca la sua cospicua libreria privata. il Fondo è costituito da 1679 pezzi e comprende libri che riguardano principalmente la storia del balletto dal secolo XVI fino agli inizi del secolo XXI, 46 stampe dei secoli XVII-XX e una rilevante documentazione d’archivio, anche di carattere privato.