36 - Favola delle Metamorfosi di Ovidio

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Giuliano Spinola. RitrattoIl poligrafo rodigino Baldassarre Bonifacio affidava ai torchi dello stampatore Giovanni Giacomo Hertz la raccolta di rime preceduta da una dedicatoria a Giuliano Spinola, principe genovese, datata ottobre 1645.

La dedica al genovese Spinola sull'antiporta trova spiegazione nell’amicizia dell’autore con Angelo Aprosio, il frate agostiniano originario di Ventimiglia (1607-1681) presente a Venezia tra il 1640 e il 1647 nel convento di Santo Stefano. Entrambi si guadagnarono un medaglione con icona nel catalogo dell’accademia Le Glorie degli Incogniti (1647). Il ritratto inciso che mostra le fattezze del frate nel 1643 all’età di 35 anni, fu probabilmente ricavato da un quadro perduto eseguito dal cappuccino genovese Bernardo Strozzi, anch’egli riparato tra le lagune a causa di contrasti con il proprio ordine. A Venezia il “Ventimilia” incontrava il principe Giuliano Spinola che lo convinceva a ritornare in Liguria per entrare al suo servizio. Durante tutta la vita il Bonifacio “chiaro per lo doppio stile latino e toscano, felice nella prosa e nel verso”) compose rime ed epigrammi latini che raccolse e pubblicò nel 1646 divisi in dieci libri, col proposito, mai realizzato, di raggiungere i quaranta libri. La frequentazione della compagine incognita e del suo Principe, Giovan Francesco Loredan – egli stesso in stretta relazione epistolare con il bibliofilo Aprosio  – offre al Bonifacio l’opportunità di risolvere anche i problemi paratestuali del volume, grazie al ricorso a maestranze legate al veneziano, a cominciare ovviamente dalla coppia Ruschi-Piccini. A stampare il testo fu Giovanni Giacomo Hertz, un libraio-editore di origine tedesca che aveva fatto il suo apprendistato nell’illustre bottega dei Giunti controllata allora dal ramo fiorentino di Bernardo. 


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