38 - Le Metamorfosi di Ovidio ridotte

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Una versione volgarizzata delle Metamorfosi di Ovidio è la versione di Giovanni Andrea dell’Anguillara, pubblicato a Venezia da Giovanni Griffio nel 1561. Nel 1551 il primo libro era pronto per la pubblicazione ed erano probabilmente già tradotti anche il secondo e il terzo, che Anguillara, pubblicò nel 1554 a Parigi e contemporaneamente a Venezia (presso Valgrisi). Il lavoro assunse però proporzioni vastissime e venne completato, sotto gli auspici di Matteo Balbani, nel 1560 e l’intero poema fu pubblicato a Venezia nel 1561. Nel 1563 ne uscì presso Francesco de’ Franceschi una versione commentata da Giuseppe Orologi (Dondi dell’Orologio), seguita nel 1572, da un’altra, dedicata dell’editore Franceschi a un certo Lodovico Malaspina. Nel 1575 ne fu pubblicata un’altra ancora. Infine, nel 1584 uscì quella edita da Bernardo Giunti, con frontespizio e quindici tavole a piena pagina premesse a ciascun libro incisi a bulino da Giacomo Franco, ognuna delle quali riuniva, entro una ricca cornice architettonica, diversi episodi della narrazione ovidiana legati a fatti della storia romana e alla mitologia dell’antichità – e privilegiando il testo. La fortuna dell’opera sullo scorcio del secolo è quindi testimoniata dall’edizione di cui qui si espone un esemplare, pubblicata dallo stesso Bernardo Giunti nel 1592: ristampa di quella del 1584 per quanto riguarda il testo, ma completamente diversa nell’apparato iconografico. Per motivi ignoti, infatti, le brillanti incisioni di Giacomo Franco sono state sostituite da mediocri illustrazioni xilografiche di autore anonimo, che ne sono una chiara derivazione, sia nella cornice architettonica sia nella parte narrativa, come ben si può notare confrontando le tavole che aprono il libro IX nelle due edizioni.

144.a.146-Libro nono

Rispetto a quella di Franco, in cui il bordo a volute e grottesche assolve appunto - come in tutta la serie - alla funzione di cornice, nella versione xilografica della seconda immagine l’incorniciatura diviene prevalente rispetto alla parte centrale, dove sono illustrati contemporaneamente diversi episodi del mito classico. Pur mantenendo una struttura di base a volute e grottesche, le eleganti volute desinenti in mascheroni appoggiate ad un semplice telaio architettonico concepite da Giacomo sono ora sostituite da intrecci ben più complessi e ridondanti, popolati da ingenue raffigurazioni delle divinità olimpiche.

In alto, tra Giunone (accompagnata dal pavone) e Giove (con l’aquila), campeggia, racchiuso entro un ovato, il ritratto di Giovanni Andrea dell’Anguillara, cui corrisponde in basso, inquadrato tra Nettuno ed Eolo, una figura di guerriero (o, in altre pagine, il ritratto di Ovidio). Sul montante sinistro siedono Bacco e Apollo, su quello destro Cerere e Apollo. I soggetti raffigurati all’interno del riquadro principale, di dimensioni assai ridotte rispetto al modello, sono tutti legati al mito di Ercole e i medesimi scelti da Franco per suggerire la materia del libro: in primo piano la lotta tra Ercole e Acheloo al cospetto di Oineo e della figlia di questi, Deianira, per ottenerla in sposa. Seguono quindi, arretrando progressivamente verso lo sfondo, le rappresentazioni di Ercole e Atlante, la lotta tra Ercole e il gigante Anteo e quella tra Ercole e l’Idra di Lerna. Come nel modello, in questo caso ripreso molto fedelmente, i personaggi sono accompagnati da un’iscrizione con il loro nome che ne rende immediata l’identificazione, ma indiscutibilmente inferiore è la loro qualità dal punto di vista incisorio.

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