Il Palazzo in breve
Il Palazzo Ducale di Sassuolo deve il suo aspetto attuale agli interventi promossi da Francesco I d’Este nella prima metà del Seicento e si iscrive nell’ambizioso programma di trasformazione edilizia e urbana promosso dal duca desideroso di fare della città di Modena una degna capitale del ducato in seguito alla drammatica devoluzione faentina del 1598. La “delizia” fu infatti eretta sul castello preesistente documentato fin dall’anno Mille e residenza dei Pio e poi dei Della Rosa prima di passare agli Este nel 1599. Responsabile delle migliorie architettoniche, che inclusero anche la progettazione della fantasiosa Peschiera, fu il romano Bartolomeo Avanzini, a Modena dal 1634. L’architetto adottò audaci accorgimenti per mascherare l’irregolarità del sito e per dotarlo di un fittizio asse di simmetria che raccordasse l’ingresso alla corte centrale, il cui punto focale è la statua della Divinità marina con delfino realizzata su progetto di Gian Lorenzo Bernini. Nel Cortile d’onore l’illusione di una regolarità spaziale era offerta anche dalla decorazione pittorica – quasi del tutto perduta – realizzata da Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli ed incentrata sulla figura di Diana, dea della caccia. Francesco I affidò all’architettura (anche dipinta) l’espressione della munificenza ducale, della cui valenza politica fu talmente consapevole da collocare sulla facciata del palazzo le statue dell’Architettura Civile e dell’Architettura Militare, di cui oggi sopravvivono solo alcuni resti. Il fervore edilizio di questo importante cantiere è suggerito da un’incisione del 1659, inserita nel volume commissionato per glorificare le azioni del duca defunto, in cui sono rappresentati i lavori che interessarono proprio la facciata, a conferma del valore propagandistico associato al mecenatismo ducale.
Per queste ragioni, oltre alle architetture dipinte nel vestibolo accanto alle statue di Nettuno e Galatea, Colonna e Mitelli furono incaricati anche della decorazione dello Scalone e del Salone d’Onore. In quest’ultimo ambiente i due quadraturisti mascherarono illusivamente le pareti con scorci scenografici che si aprono nel cielo della volta per ospitare Apollo e le Muse. Il piano nobile del palazzo conserva inoltre una vera e propria antologia figurativa del linguaggio cortese ed estense coniato da Jean Boulanger, a Modena dal 1638. Nel ventennio trascorso ininterrottamente al servizio degli Este, Boulanger coordinò una nutrita equipe di collaboratori, lasciando negli affreschi delle sale sassolesi, ancora perfettamente conservati, l’eco distinto dell’encomio dinastico e genealogico sotteso alle iconografie. Esempio eloquente e risultato maturo della ricerca espressiva del francese è la Galleria di Bacco, dove la sua pittura ‘vaga’ ed ironica si accompagna agli inserti floreali e faunistici dei fratelli Cittadini e all’ordito architettonico di Baldassarre Bianchi e Gian Giacomo Monti, allievi e degni eredi delle scenografie barocche di Colonna e Mitelli.
Il Salone delle Guardie
Gli affreschi di Colonna e Mitelli nel Salone delle Guardie
Tra il 1646 e il 1647 Angelo Michele Colonna e Agostino Mitelli realizzarono le pitture del Salone d’Onore. Sulla volta, l’architettura dipinta si apre per accogliere Apollo accompagnato dalle muse, ognuna recante un libro con iscritto il titolo di un’opera prodotta da autori sudditi o al servizio della corte estense, qui celebrata come protettrice delle arti. L’importanza dell’arte musicale, da sempre promossa dai duchi d’Este, è qui attestata dagli strumenti che spuntano dalla nube su cui siede il dio e con cui sono presentate alcune delle muse.
La volta del Salone
I musici affrescati
Le pareti ospitano architetture illusionistiche animate da putti, stemmi, medaglie, festoni e musicisti, quest’ultimi così descritti nel Settecento dal cavalier Fabrizi:
«Dall’alto della Sala compariscono sopra diverse dipinte ringhiere o ballatoi varie figure a capriccio vivamente espresse, e precisamente sovra quelle collocate. Negli estremi delle laterali pareti prossimi agli angoli della Sala medesima sono rappresentati diversi Musici, e Suonatori in atto questi di suonare strumenti a corda, e da fiato, e quelli di cantare sovra note musicali, ma in aspetto di giocondità, ed in attenzione di osservare fra loro la misura e l’unisono. La varietà delle idee di queste Figure, ed un non so che di determinato, e finito, e molto più la qualità di certi volti noti patri, e nazionali fanno credere che siano Ritratti di altrettanti Musici, e Suonatori, che erano in que’ tempi all’attual servigio di Francesco Primo; giacché molti ne furono al di lui soldo, e fecero parte della grandiosa, e splendida Corte di quel Sovrano».
G. Fabrizi, Sposizione delle pitture in muro del Ducale Palazzo nella nobil terra di Sassuolo grandiosa villeggiatura de’ Serenissimi Principi Estensi, Modena, Soliani, 1784, p. 7.
La Sala della Musica
Tra le sale del palazzo di Sassuolo vi è anche quella intitolata alla Musica. La sala prende il nome dalla tela posta al centro del soffitto, dove è ora collocata una copia dell’Allegoria della Musica realizzata da Jean Boulanger e il cui originale è in deposito presso l’Accademia Militare di Modena. Il dipinto è da considerarsi tra i primissimi interventi del francese nella delizia e databile tra il 1640 e il 1645. L’allegoria è concepita sulla base delle indicazioni di Cesare Ripa: seduta, tiene tra i capelli uno spartito musicale, nella mano destra una viola da gamba, ed è attorniata da strumenti a corda e a fiato, accatastati sui gradini sottostanti secondo un sapiente gioco prospettico.