FOTOGRAFIE DAL FRONTE

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Fotografie tra testimonianza e leggerezza

Attraverso le immagini realizzate da Giovanni Battista Caffaratto emergono i diversi aspetti della vita al fronte. L'unità del reparto, la condivisione dei momenti di libertà, le camminate, gli scherzi e l'ilarità, la componente spirituale e religiosa caratterizzavano il quotidiano dei soldati nei momenti più leggeri.

Come scrive Stefano Mannucci

Spesso erano soprattutto gli ufficiali a cimentarsi con più praticità con la fotografia, essendo stata la fotografia, fino ad allora, un apparecchio il cui costo non era accessibile a tutte le classi sociali. Nella rappresentazione fotografica dei soldati, alcune tematiche riprendevano il racconto visivo ufficiale, producendo immagini che si accostavano ai messaggi della propaganda come se essa fosse stata interamente interiorizzata dalle truppe. I momenti di tregua, trascorsi nel riposo o nello svago, erano le immagini che i soldati fotografi producevano con lo scopo di inviarli ai propri familiari e rassicurarli sul proprio stato fisico. Si preferiva spesso lasciarsi fotografare nella quiete della natura, ritratti in immagini di paesaggi che rendevano la guerra simile ad una gita domenicale. La morte e le privazioni sembravano lontane dal corpo del soldato, che incolume si lasciava ritrarre intento a scrivere la posta o a parlare con i commilitoni.[1]

Il tema del campo e delle baracche caratterizza gran parte degli scatti, che sono spesso accompagnati da didascalie eloquenti, tra ironia e descrizione.

 

Le fotografie[2]

Il fondo conserva sessanta scatti fotografici in bianco e nero, di cui cinquantasei sono diretta testimonianza della vita al fronte.  Gli scatti sono stati effettuati direttamente da Giovanni Battista Caffaratto con uno strumento portatile. Il fatto che Caffaratto possedesse e utilizzasse un apparecchio portatile non è un fatto episodico, poichè va infatti considerato che negli anni Dieci si impose la diffusione “di macchine fotografiche economiche o di peso leggero,  e lo sviluppo della loro commercializzazione avvenuto negli anni precedenti”[3], e che fu attuata una politica di diffusione della fotografia anche attraverso propaganda e comunicazione pubblicitaria mirata a conquistare anche l’ambito militare.[4]

La realizzazione di questi scatti privati era contrapposta alle grandi campagne realizzate dal Reparto Fotografico del Regio Esercito, che seguiva un programma iconografico specifico, ben definito nelle linee guida del Governo: “non si devono vedere i morti italiani o i poveri corpi dilaniati, deve risultare chiara la capacità offensiva e l’organizzazione perfetta del nostro esercito, anche la bellezza dell’italica terra deve essere sempre sottolineata con inquadrature di vallate e di stupende catene montuose". Nei medesimi anni la fotografia sarebbe stata impiegata proprio nelle aree del Veneto per documentare i danni causati dal conflitto, a partire da una campagna fotografica voluta dallo storico dell’arte Ugo Ojetti, allora Soprintendente delle Terre irrendete.

Le fotografie di Giovanni Battista Caffaratto sono amatoriali nella costruzione dell’inquadratura e nella competenza tecnica; materialmente si tratta di gelatine a sviluppo, di piccolo formato, in genere compreso tra i formati 5x5 e 10x15 cm.



[1]  S.  MANNUCCI, La  Grande  Guerra  fotografata,  in  Storia  e  Fotografia,  2012,  Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea, http://www.sissco.it/

[2] Sulla fotografia nella Grande Guerra cfr. A. Bianchi, Il Servizio Fotografico del Regio Esercito e la Sezione Fotocinematografica del  Comando  Supremo Ufficio  Stampa,  in  Alpin  del  Domm.  Notiziario  del  Gruppo Milano  Centro “Giulio  Bedeschi”.  Sezione  Ana  Milano,  Numero  43,  Anno  VIII/5, 2007, A.N.A. Gruppo Milano Centro, 2012,  http://www.alpinimilanocentro.it/home1.htm; C. Manenti,  N.Monti,  G.Nicodemi, Luca  Comerio:  fotografo  e  cineasta,  Milano, Electa, 1979; N. della  Volpe, Fotografie  militari,  Roma, Stato  Maggiore  dell’Esercito,  Ufficio Storico, 1980; S.  MANNUCCI, La  Grande  Guerra  fotografata,  in  Storia  e  Fotografia,  2012,  Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea, http://www.sissco.it/

[3] S. MANNUCCI, La  Grande  Guerra  fotografata,  in  Storia  e  Fotografia,  2012,  Società Italiana per lo Studio della Storia Contemporanea, http://www.sissco.it/

[4] Il saggio inoltre cita una reclame pubblicitaria della VEST KODAK: «Ogni ufficiale e marinaio dovrebbe provvedersi dell’apparecchio fotografico VEST POCKET KODAK. Dato il suo piccolo formato e minimo peso può essere comodamente portato in una tasca della divisa senz’alcun disturbo. Formato delle negative 4X6 cm. Dimensioni 25X60X120 mm. Peso 260 grammi», era scritto in una pubblicità della Kodak Società Anonima all’inizio della Prima Guerra Mondiale, per sponsorizzare presso i soldati l’acquisto della propria macchina fotografica. Il prezzo era indicato in «£ .40 per la Vest Pocket Kodak con borsa», ed in  «£. 69 con obb. Kodak Anastigmat»