Madonna col Bambino e i santi Simone e Taddeo e i donatori detta "Madonna di san Simone"

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TECNICA: Olio su tela

DIMENSIONI: cm 279x187

DATA: 1567 circa

RESTAURO: 1965 ad opera di Andrea Rothe. Operazioni di foderatura, ripulitura, ringranamento e riordinamento del colore.

 

La tela, realizzata con ogni probabilità dopo la “Madonna di san Giovanni” e prima del soggiorno del Barocci a Perugia, proviene dalla chiesa di San Francesco di Urbino ed è citata nel “Libro delle notizie del convento di San Francesco” come eseguita dall’artista, ma senza nessun’altra informazione. Esistono numerosi disegni preparatori, conservati a Londra, Parigi, Berlino, Roma, Urbino, San Pietroburgo e, soprattutto, Firenze, che testimoniano la lunga e sofferta gestazione, l’attento studio, l’impegno posto dall’artista nell’ideazione e la sua particolare cura nel conservare tutte le prove grafiche anche dopo averle utilizzate.

Il dipinto può essere datato al 1567, forse non oltre il 28 ottobre, giorno della festa dei due santi raffigurati, Simone Zelota e Giuda Taddeo.

Al centro dell’opera è rappresentata una dolcissima Madonna col Bambino che legge, di chiaro influsso raffaellesco; dall’alto un angelo in volo scende a posare una deliziosa corona di fiori sul capo della Vergine. A destra si trova san Simone, appoggiato alla sega con la quale, secondo la tradizione, fu martirizzato e a sinistra è invece raffigurato san Giuda, che impugna l’alabarda, una specie di lancia, lo strumento utilizzato per il suo martirio. Giuda, di bellezza e dolcezza correggesche, volge lo sguardo in direzione dello spettatore, fissandolo con grande intensità e determinandone il profondo coinvolgimento.

Si noti, inoltre, sullo sfondo, l’attenta descrizione paesaggistica, resa con minuzia di stampo fiammingo e con una pittura sensibilissima alla luce; le foglie degli alberi sono dipinte con cura e finezza lenticolari. Influssi fiamminghi sono evidenti anche nell’intensità dei ritratti dei donatori, purtroppo non identificati, rappresentati in basso a destra: lei è di profilo e a mani giunte, lui dipinto frontalmente, si rivolge alla moglie e con la mano sinistra indica la scena sacra. A testimonianza dell’assoluta perizia tecnica dell’artista, si segnala che il viso della donna risulta eseguito direttamente su una carta applicata e incollata sulla tela.

Per quanto riguarda l’impostazione compositiva, si possono notare riferimenti alla “Madonna della tenda” di Raffaello per la posa del Bambino e alla “Madonna Sistina”, anch’essa di Raffaello, per il modello della Vergine; ricordi di Correggio sono evidenti principalmente nell’impostazione del santo di sinistra e memorie dei fratelli Zuccari emergono nell’idea di delicata devozione, già presente nella scena di intimità domestica della “Sacra Famiglia”, dipinta dal Barocci per il Casino di Pio IV a Roma.

Tra i tanti disegni preparatori giunti fino a noi, risulta utile un confronto con il foglio conservato al Louvre, che permette di notare l’evoluzione ideativa del Barocci: rispetto alla redazione finale, l’artista aveva ipotizzato la presenza di più puttini alati nella parte superiore del dipinto e aveva previsto due angioletti musicanti ai piedi della Madonna col Bambino. Inoltre i due santi erano raffigurati senza i loro attributi, con le mani alzate in segno di devoto ascolto e accoglimento ed entrambi con lo sguardo rivolto verso la Vergine con Gesù.

L’opera si caratterizza infine per l’atmosfera idillica, ottenuta attraverso accordi cromatici e luministici di sottile sensibilità e restituisce all’osservatore una pittura emotiva, sensibilissima alla luce, suscitatrice di visioni celestiali e aperta ai dolci e chiari paesaggi sullo sfondo.