La prima volta che vidi Veio non sapevo nemmeno che quel luogo vicino Isola Farnese, sulla via Cassia, fosse stato in passato una delle città etrusche più grandi e potenti, rivale di Roma per secoli e poi sconfitta nel IV secolo a.C.
1989, l'anno della morte di mia madre: ero a pezzi fisicamente e mentalmente; il 1° Maggio, ero appena tornato dalla Germania, mio Paese nativo, decidemmo di fare una scampagnata con mia suocera, mia moglie e le mie figlie, allora ancora piccole. Andammo proprio alla cascata della Mola vicino al tempio del Portonaccio, ma nonostante fosse un luogo molto pittoresco non mi diede una bella impressione, forse proprio per via del mio stato d'animo. Percepivo quel posto come lugubre o/e qualcosa di simile, tanto che per anni non vi ci tornai più. Ricordo soltanto che quando tornammo a prendere la macchina trovai una piccola fedina d'argento, forse un segno!
Nel 1995, la signora Carla Canali, allora presidente dell'Archeoclub di Formello, mi propose una mostra di pittura proprio all'interno dei locali dell'associazione. Ero emozionato perché si trattava della mia prima mostra personale e avevo da tempo iniziato a dipingere i luoghi più belli dell'Etruria meridionale come Vulci, Norchia, San Giovenale, San Giuliano, i laghi laziali e tratti della costa come Cerveteri, Tarquinia e Santa Severa. Mentre allestivo la mostra la signora Carla, guardando i quadri, mi chiese: "E Veio? Hai dimenticato Veio!" e io le risposi:" Non ho voluto dipingere Veio, non mi piace!" e lei:" Guarda, ci sono stata l'altro giorno con la mia classe. Era bello, era primavera e si sentiva il canto degli uccellini nell'aria, il cielo era alto e l'erba soffice" "Allora Carla" le dissi, "da domani comincerò a dipingere Veio e un giorno, se vuoi, ne faremo una bella mostra insieme".
"Oh, antica Veio, anche tu un giorno eri un regno, ma oggi il pastore suona il flauto, nei tuoi campi e si falcia il grano tra le tue tombe".
Così cantava il poeta Properzio già in epoca imperiale. Percorrendo a piedi il vasto altopiano di Veio si ha la sensazione che nulla è cambiato da quella lontana epoca, non ci sono monumenti spettacolari e il luogo comunica una grande senso di malinconia. Soltanto conoscendo a fondo questa antica città si comincia pian piano ad avvertirne il suo non facilmente apprendibile fascino perché sono convinto che in un luogo così gravido di vita millenaria, in un luogo di così grande dolore e sangue ( la guerra tra Roma e Veio durò per secoli), si avverte ancora qualcosa di strano nell'aria. Ed io ero pronto a dipingere proprio questo.
Monte Michele
Finita la mostra all'Archeoclub mi sono armato di un piccolo libricino con inclusa carta geografica che descriveva luoghi e monumenti dell'antica Veio. La prima meta da dipingere era Monte Michele, piccola altura sita sul territorio comunale di Formello. Era Aprile, un mese meraviglioso per conoscere Veio: avevo trovato sulla carta una strada che passava sotto la Cassia-bis che poi, in leggera salita, portava in cima a monte Michele. Mi fermai davanti la tettoia sita sul ciglio di un boschetto che proteggeva i resti di due tombe etrusche, scavate parzialmente nel banco tufaceo. Nonostante la collina fosse bassa, appena 100 m, da lassù si godeva una vista meravigliosa. Di fronte si vedeva monte Aguzzo sul quale è stato trovato un tumulo del VII sec. con ricco corredo e volgendo lo sguardo a destra si vedeva il profilo blu dei monti Sabini. Campi di grano giovane si alternavano a campi di colza gialla: era un immenso patchwork e le mie prime vedute erano proprio un ritratto di queste lontananze e questi tramonti che di giorno in giorno si allungavano sempre più.
Tomba Campana
Un giorno di Maggio, dopo l'ennesima seduta a monte Michele, scoprii per caso un sentiero reso quasi irriconoscibile dalla vegetazione lussureggiante che portava attraversando un boschetto giù a valle. Avevo una leggera paura di perdermi, ma qualcosa dentro di me diceva "VAI TRANQUILLO".
Va detto che nel 1995 il Parco di Veio non era nemmeno stato istituito e tranne la zona del Portonaccio, tutto il resto dell'immenso territorio era conosciuto soltanto da cacciatori e gente del posto, oltre che da tombaroli. Mi inoltrai quindi nel sentiero che portava giù a valle attraverso una tagliata che in epoca etrusca era sicuramente una comune strada, percorsa da carri e merci, costellata a destra e sinistra da tombe scavate nel tufo. Ora invece è un groviglio di piante selvatiche, alberi e liane, come una vera e propria giungla. Ovunque grandi massi di tufo crollati dall'alto della tagliata. Dopo un quarto d'ora di cammino mi trovai improvvisamente in un immenso prato verde che scendeva dolcemente al fosso del Pascolaro. Il posto era magico e decisi di dipingerlo e non appena lo ebbi terminato incontrai per caso due cacciatori che mi dissero di andare a visitare la tomba con i due leoni, indicandomene la strada.
Insomma, se non avessi fatto questo fortuito incontro non avrei mai saputo di essere stato appena a 50 metri dalla meravigliosa tomba Campana, tomba veiente databile alla seconda metà del VII sec che venne scoperta già violata dal marchese Campana nella prima metà dell' Ottocento. E' diventata famosa per i suoi celebri affreschi che rappresentano scene di caccia di cui purtroppo non è rimasto nulla, ma il posto è comunque magico e si possono ammirare ancora due leoni in tufo posti ai lati della camera sepolcrale. Decisi di tornarvi spesso nel corso degli anni, nonostante cani spesso alle mie costole.
Il Ponte Sodo
Era giugno e le giornate erano lunghissime, i tramonti romani hanno la particolarità specialmente in estate di non finire mai. I campi trattengono la luce del giorno appena passato a lungo, anche dopo il tramonto e la luce crepuscolare crea una magia unica sui profumati campi di Veio.
Volevo visitare il famoso Ponte Sodo, sapendo di avere ancora un'ora di luce, ma partivo da monte Michele, non conoscendo ancora sentieri più agevoli. Raggiunto il mio grande prato verde sapevo, carta alla mano, di dover superare il fosso del Pascolaro per raggiungere il torrente Cremera e seguirlo fino a raggiungere il famoso "ponte Sodo". Dopo circa 20 minuti arrivai alla meta e rimasi strabiliato da quest'opera etrusca: il ponte Sodo o solido è un'opera etrusca del VI sec a.C. che fungeva appunto da ponte per raggiungere dalla città di Veio la necropoli e i campi circostanti. Era soprattutto però un'opera idraulica, una vera e propria galleria sotterranea alta 12 m e lunga 70 m, dentro la quale scorre il torrente Cremera. Fu anche creato per agevolare il passaggio del torrente ed evitare onde di piena, assai frequenti in questa zona, che avrebbero rovinato il seminato.
Era estate ed il torrente era in magra: l'acqua mi superava appena le caviglie e decisi di attraversarlo a piedi nudi come un cammino sacrale. Il letto del torrente era sabbioso e morbido, l'acqua tiepida e l'unico rumore che sentivo erano le gocce d'acqua che cadevano dall'alto. Ero circondato da migliaia di farfalle nere e pensai alle anime dei sacerdoti etruschi che nelle notti di luna nuova attraversavano il ponte con le torce, pronunciando versi e preghiere a noi sconosciuti. Uscito dall'altra parte della galleria trovai a sorpresa una fonte tiepida di acqua ferruginosa che macchiava di rosso il torrente. Provai a berla e devo dire che nonostante il forte sapore di ferro, il sapore non era per niente male.
Era ormai quasi buio e terrorizzato di perdermi feci una corsa disperata contro il tempo, perdendomi varie volte per raggiungere sano e salvo e soprattutto sudato fradicio, la mia macchina. Era ormai completamente buio...
Necropoli dei Quattro Fontanili
Dopo molte sedute di pittura e passeggiate varie a ponte Sodo trovai dei sentieri più comodi, uno dei quali scendeva direttamente dall'altopiano dell'antica città fino alla necropoli di Quattro Fontanili, nella quale sono state scavate centinaia di tombe che vanno dall'epoca Villanoviana fino al IV sec a.c. La più bella e famosa tomba è quella "dei Pilastri" chiamata così appunto per due pilastri tuscanici al suo interno che però è in totale abbandono.Per andare a ponte Sodo bisogna attraversare un guado nel torrente: il luogo è pittoresco perché il Cremera, sotto un tunnel di lecci, scivola su delle pietre molto dure formando una piccola cascata. Si vede che in questo punto la pietra è stata lavorata dall'uomo e mi piaceva immaginare che in epoca etrusca su questo punto ci fossero state delle piscine alimentate dall'acqua del fiume, ipotesi poi smentita da esperti miei amici che mi dissero che in realtà c'era una cava di pietra ma io mi rifiuto di crederlo. Vi ci continuo a vedere delle piscine etrusche...
Colombario romano
Un giorno, durante una delle frequenti visite a ponte Sodo, incontrai una comitiva di persone con una guida. Mi chiesero se volevo venire a visitare il colombario romano ed ovviamente risposi affermativamente non avendo mai visto quel luogo. Attraversammo un bosco chiamato "Macchia Grande", prendendo un sentiero in leggera salita fino ad arrivare al famoso colombario. Questo monumento veiente del IV secolo a.C. è costituito da decine di loculi di diversa forma e grandezza scavati nella roccia tufacea: alcuni sono a forma di casa, altri di porta, altri ancora di tempio. Dovevano essere stati dipinti con colori vivaci tipo giallo o rosso e servivano per depositare le urne funerarie; in una di esse è stata trovata una bambola in bucchero, piccola stellina!
Il posto era molto bello, con pareti verticali in tufo, vegetazione lussureggiante e grandi alberi di leccio. Da lì prendemmo una comoda strada romana, scavata recentemente e camminammo attraverso una bellissima tagliata ombreggiata in alto da gradi alberi, che ci condusse in leggera salita alla macchina.
Si ha, camminando a Veio, la sensazione di fare un viaggio, un viaggio che arricchisce e fa bene all'anima...Eppure siamo solo a due passi dei nuovi quartieri di Roma e dal traffico convulso/caotico della via Cassia.
Strani cunicoli
Quando si percorre a piedi il sentiero che conduce al tempio del Portonaccio sito vicino Isola Farnese, appena superato il ponticello dell'antico mulino, si nota sulla sinistra uno strano cunicolo a semicerchio. Entrando da una parte della struttura lo si percorre per una decina di metri e si esce dall'altra parte: molte persone hanno paura a percorrerlo perché ad un certo punto si sta completamente al buio. Va detto che questi cunicoli a semicerchio si trovano un po’ in tutta l'Etruria meridionale (a Sovana e Pitigliano ad esempio) ed hanno sempre la stessa altezza e larghezza. A cosa sono serviti? Ma a che pro? Cunicoli fatti da tombaroli? Allora perché sempre con la stessa altezza e larghezza e per quale ragione a semicerchio?
Mi ricordo un giorno di settembre di alcuni anni fa. Ero in un momento di difficoltà personale e decisi di entrare in quel cunicolo, fermarmi nel punto più buio e fare una preghiera: rimasi alcuni minuti lì, guardando il buio totale. Dopo alcuni minuti vidi dove prima era totalmente buio un blu lapislazzuli e dopo pochi attimi vidi una luce fioca che filtrava dall'altra uscita. I miei occhi si erano abituati al buio ed ebbi un gran senso di sollievo, come se avessi capito in quell'istante che nulla muore e tutto si trasforma. Quando uscii all'aperto trovai una meravigliosa giornata di sole e nuvole e a terra, con mia grande sorpresa, una collana in argento con una grande pietra di lapislazzuli.
Bagni della Regina
Percorrendo la strada chiamata via Prato della Corte, che porta da Prima Porta ad Isola Farnese, si nota al termine di un viale costeggiato da pini marittimi, il grande tumulo della Vaccareccia sito sulla destra. E' uno dei 10 tumuli etruschi finora scoperti nel territorio di Veio e scendendo a valle attraverso un sentiero quasi scomparso, quanta è la vegetazione, si giunge ai FAMOSI Bagni della Regina. Essi erano bagni termali di epoca romana, alimentati da due sorgenti calde...Purtroppo tutto questo è scomparso avendo anche, nel corso dei secoli, il torrente Cremera cambiato il suo letto: ci sono però ancora le due sorgenti calde di acqua ferruginoso/sulfurea, segni di un'attività vulcanica ancora attiva nel territorio. In questo punto poi il fiume forma un'ansa con un grande prato ricoperto di cespugli di rosa canina e di vecchie querce ricoperte d'edere. In primavera è un vero incanto di colori.
Tomba delle Anatre
La Tomba delle Anatre è posta su una piccola altura vicino alla strada che porta da Formello all'Olgiata. Insieme alla tomba della Caccia e della Pesca di Tarquinia è la mia tomba dipinta preferita, forse per l'estrema spontaneità e semplicità delle forme e dei volumi, forse per i colori gialli e rossi; forse per un senso intimo di allegria di queste anatrelle in stile geometrico orientaleggiante che sembra si muovano ancora nella loro andatura un po’ goffa dopo quasi tre millenni. Di sicuro c'è in questa tomba una strana allegria e serenità, per nulla spaventata dall'ignoto che rappresenta la morte. E' una tomba dedicata alla vita che continua. Per sempre.