Quando nel 1878 una società di cittadini, costituitasi per organizzare le stagioni d’autunno e di carnevale 1878-79 del Teatro Civico, chiede a Luigi Canepa di dirigere le opere in cartellone e di inserirvi i due suoi primi lavori teatrali, il compositore ha ventinove anni e sembra avviato verso una carriera ricca di affermazioni.
Concluso il periodo degli studi musicali, effettuati prima presso il Conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli e successivamente presso quello di Milano, Canepa aveva infatti esordito con successo il 16 novembre del 1872 al Teatro Carcano di Milano con il dramma lirico David Rizio. L’opera, il cui libretto era stato scritto da quell’intellettuale fecondo e dai molteplici interessi che fu Enrico Costa, aveva per soggetto la vicenda umana del personaggio storico David Rizio, un piemontese che nella seconda metà del XVI secolo divenne segretario privato e consigliere della Regina Maria Stuarda. Rizio, persona di buona cultura artistica, suscitò la gelosia del consorte Enrico Darnley il quale, accordandosi con l’aristocrazia scozzese, partecipò ad una congiura che sfociò nell’assassinio dell’italiano.
Già altri operisti del XIX secolo come Mercadante, Coccia e Donizetti avevano posto la figura di Maria Stuart al centro di alcuni melodrammi, ma nessuno di essi aveva approfondito questo particolare aspetto del rapporto della regina con il suo segretario. Nella stesura del libretto Costa si era ispirato - ricalcandone l’ossatura drammatica in modo piuttosto fedele - al dramma storico David Rizio ossia La giovinezza di Maria Stuarda di Luigi Gualtieri: uno scrittore assai versatile che si era guadagnato una certa popolarità con i suoi numerosi romanzi e con il racconto storico L’innominato, ambizioso completamento dei manzoniani Promessi sposi.
Proprio il libretto attirò gli strali del critico Filippo Filippi, che recensendo l’opera su «La Perseveranza» evidenziò le «sconce alterazioni della realtà storica», dovute essenzialmente alla eccessiva idealizzazione della figura della regina di Scozia: critiche cui il Costa replicò puntualmente pubblicando tre lunghi e accorati articoli sulla «Gazzetta di Sassari» del 1872.
Costa, alla sua prima fatica librettistica, aveva in realtà condotto un apprezzabile lavoro. Il libretto infatti, ispirandosi a situazioni e motivi ampiamente sviluppati da tutta la librettistica ottocentesca (conflitto fra dovere e piacere, riparazione dell’onore mediante vendetta, topos della congiura politica), presenta situazioni teatralmente efficaci e rispetta scrupolosamente le convenzioni metriche, funzionali ad una preordinata disposizione dei pezzi chiusi.
Dal punto di vista musicale il David Rizio risente inevitabilmente dei limiti propri di una qualsiasi opera scritta da un esordiente fresco di studi accademici. La critica dell’epoca riconobbe infatti l’ottima fattura di questo melodramma, riferendosi in particolare alla strumentazione, alla qualità dell’invenzione melodica e al senso del teatro manifestato dal suo autore, ma contestualmente pose l’accento proprio sulla mancanza di originalità, individuando comunque nell’opera il rispetto della tradizione melodrammatica italiana, non ancora contaminata dalle mode esterofile che già da quegli anni contagiavano gli operisti italiani.
In definitiva Canepa, nel suo lavoro di esordio, si avvalse delle strutture drammaturgico- musicali e degli strumenti linguistici propri del teatro post-rossiniano, che ancora sino agli anni Settanta i compositori, pur con alcune innovazioni, continuavano ad impiegare. Il David Rizio si presenta in altre parole ancora legato alla lezione 'accademica' di Mercadante e alla conseguente concezione di un melodramma fondato su una successione di scene costruite essenzialmente intorno ad un 'solo' o a un duetto: concezione che solo dopo la metà del secolo era stata rinnovata da un movimento strumentale più interessante e da un taglio formale dei pezzi più vario.
[da: Antonio Ligios, Luigi Canepa: l’esordio operistico, in Musica e musicisti in Sardegna, vol. 3: Cappelle, teatri e istituzioni musicali tra Sette e Ottocento, Sassari, Delfino, 2005]