Cenotafio
print this pageLa costruzione del catafalco collocato al centro della navata fu un'operazione molto complessa. L’invenzione fu affidata a Gianuario Querenghi, autore e direttore dell’accompagnamento musicale, che si consigliò con i ricordati Minorello e Bellante.
La “grave machina ottagonale” si componeva di “quattro parti membri che compongono l’arme di Forzatura”, cioè il serpente visconteo e il leone rampante. La scelta di una pianta ottagonale per il monumento tombale in forma di tempietto non è nuova, anzi è tipica di strutture effimere del genere in quanto rimanda alla resurrezione e alla salvezza dell’anima.
Otto scale con balaustra portano al “pavimento”. Fungono da “Guardie o Ministri” otto “statue in stucco colorate in bronzo di forma gigantesca in sembianze di uomini armati” sui piedistalli decorati con teschi alla base delle scale.
Dai piedistalli in cima alle scale si ergono otto colonne costituite da leoni rampanti con un blasone tra le zampe che reggono il corpo spiraliforme di un grosso serpente con un bambino sanguinolento in bocca secondo l’iconografia dello stemma dei Visconti al cui servizio un antenato del Forzatura aveva militato. I motivi si compongono in un geroglifico che esprime “la Magnanimità de Grandi e “il Genio d’Eroi vittorioso” .
Al di sopra un pesante cornicione con colonnette e pilastri in finto marmo di Verona, una lanterna a otto volute fermate in un globo sormontato da una stella a otto punte, il tutto dipinto; sui piedistalli delle colonnette della cuba otto statue che impersonano le Virtù dell’estinto; nel catafalco, su un piedistallo ottagonale, otto volutine ricongiuntesi al centro a sostenere un “ossario o vaso delle Ceneri” finto di bronzo.
Le statue furono “fatica del signor Pasqualino Bezzi statuario di Venezia consigliato dal signor Camillo Mazzi di Bologna allievo del Kav. Bernini a Roma”. All’impresa dunque partecipava in qualche modo Camillo Mazza, scultore bolognese allievo dell’Algardi e reduce da un’esperienza formativa nella Roma del Bernini che certo potrebbe essersi rivelata preziosa nel momento di allestire un complesso apparato effimero funerario.
I Forzatura non avevano dovuto andare molto lontano per procurarsi il consulente, dato che ancora nel 1663 lo scultore si trovava in città impegnato nella realizzazione del cancello bronzeo del presbiterio del Santo.
A documentare visivamente l’avvenimento venne incaricato Giacomo Ruffoni, un incisore attivissimo nella seconda metà del secolo sull’asse Padova-Venezia tanto da legare il suo nome a una cinquantina di edizioni figurate. A Padova il Ruffoni presta la sua opera praticamente per tutti i maggiori editori del tempo, producendo incisioni di derivazione da stampe fiamminghe, ma anche incidendo propri disegni per le materie più varie: opere genealogiche, testi devozionali e spirituali, trattati di medicina, opere erudite.