51 - Il Gedeone evangelico
print this pageAntonio Lupis, letterato della seconda metà del Seicento originario di Molfetta, fu attivo prevalentemente a Venezia. Dei molteplici interessi dell’erudito sono testimonianza le numerosissime pubblicazioni – se ne contano una trentina circa – scandite in un arco cronologico di circa quarant’anni, dal 1660 al 1697, tra le quali si ricordano biografie, romanzi, raccolte epistolari e scritti moralistici sulla cultura seicentesca.
Antonio Lupis, a Venezia, divenne un allievo e poi un protetto del nobiluomo Gian Francesco Loredan, il fondatore dell’Accademia degli Incogniti, fervente milieu culturale frequentato da letterati e importanti artisti come i pittori Francesco Ruschi, Antonio Zanchi, Pietro Negri, Giuseppe Diamantini, Ludovico David, Francesco Rosa, Pietro della Vecchia, e gli incisori Giacomo e Isabella Piccini e Daniel van den Dyck.
È probabilmente questo l’ambiente in cui il giovane scrittore era entrato in contatto anche con il pittore veneziano Gregorio Lazzarini, al quale, alla fine degli anni ’70 del secolo, il Lupis aveva dedicato una delle edizioni de Il chiaro scuro di pittura morale... consecrato al merito impareggiabile del molt’illustre signor Gregorio Lazarini veneto, celebre pittore, operetta sulla pittura pubblicata a Venezia presso il Lovisa, la cui data di stampa, il 1679, si ricava dall’imprimatur.
L’attività del pittore per l’editoria veneziana scarsamente documentata dalle fonti, è stata ricostruita, in parte, solo dagli studi recenti. Ciononostante si sa che la sua produzione per l’industria libraria non si limita a questi episodi legati a Lupis. Lazzarini infatti, da artista ormai affermato collaborerà a un’altra importante impresa editoriale, a stretto contatto con Antonio Zanchi, fornendo i disegni delle antiporte di due volumi in folio del vescovo Carlo Labia, i Simboli festivi nel 1698 e l’Horto simbolico nel 1700.
Nel volume qui esaminato, l’invenzione di Lazzarini è stata incisa dal bulino di Isabella Piccini (Venezia 1644-1734), figlia del celebre incisore Giacomo, che durante la sua lunga vita monastica, aveva lavorato per molteplici committenti, tipografi e librai a Venezia, Padova, Brescia e Bassano, traducendo in incisione numerosissime invenzioni di artisti noti, tanto da essere celebrata come una delle più prolifiche del secolo da Tommaso Temanza, il quale affermava che “mentre era monaca lavorò molto, e perché era discreta nei prezzi aveva sempre abondevole lavoro”.
Ritornando a Lupis, è interessante notare come nello stesso anno, il 1697, l’autore faccia stampare il Gedeone evangelico... presso due differenti editori: Lorenzo Baseggio, che poi lo vende all’Insegna dell’Aurora e “appresso Gioseppe Maria Ruinetti”. Il volume, la cui licenza di stampa viene concessa dai Riformatori dello Studio di Padova il 28 giugno 1697, presenta un frontespizio tipografico con un inserto decorativo xilografico. L’antiporta, l’unica immagine del volume (mm 113 x 60), che presenta il nome di ambedue gli artefici (in basso, verso sinistra Lazarin Delini; in basso a destra Suor Isabel. P. F.), mostra una scena allegorica.
In alto, in un paesaggio boschivo, è raffigurata la Fama che suona la tromba e regge un cartiglio nel quale compare l’iscrizione “ET CONTERES MADIAN. Iudic. in Gedeon” (“e tu insidierai Madian”), tratta dal Libro dei Giudici (cap. 6-8, in cui Dio esorta e incoraggia Gedeone, a sconfiggere i Madianiti). L’iscrizione viene chiarita nella dedica che Antonio Lupis scrive a Venezia il 30 luglio1697, incui si legge “Consagro à V. S. Illustrissima il mio GEDEONE vna delle più eroiche spade, che guerreggiò perla Fede nel soggiogare i Madianiti delle Eresie, & un Campione, che cinto de Serafici sacchi dell’Aluernia, coronò delle più ricche spoglie la pouertà dell’Ordine Cappuccino...”.
Sotto alla figura della Fama, in basso a destra, un piccolo putto, con la tavolozza e il pennello dipinge lo stemma della famiglia Toppi, originaria di Chieti, dedicatario dell’opera, sormontato da una corona. In basso, accatastati sotto lo stemma, una tromba circondata da un serto di alloro, un liuto, un libro, una mitra vescovile e un cannone.