29 - L'Iliade giocosa
print this pageNel contesto dell’opera del creativo poligrafo Loredan, fondatore della celebre Accademia degli Incogniti, l’Iliade Giocosa rappresenta un testo secondario che si inserisce nel filone dei volgarizzamenti burleschi, irriverenti, satirici di testi classici. Nella lettera dedicatoria al Cavalier Enrico Giblet (pseudonimo dello stesso Loredan) si confessa che la “Traduzione è stata un semplice intrattenimento dell’Autore”.
Il Loredan era solito recarsi nella sua residenza di campagna a Vigodarzere presso Padova, accompagnato da amici e sodali come il poeta incognito Pietro Michiel, per riposarsi dai numerosi impegni pubblici veneziani e dalle “laboriose cariche della sua Patria” che “rubano l’otio”. In effetti, proprio tra il 1651 e il 1653 il patrizio ricoprì per la seconda volta l’incarico di Avogador de Comun.
La libera traduzione non copre l’intero poema ma si ferma al sesto libro, anche se l’editore Guerigli precisa nella premessa che “si ritrova tutta abbozzata nelle mie mani”.
Nell’antiporta è raffigurato un poeta mascherato e dissimulato, che probabilmente impersona lo stesso Loredan, sulla testa del quale un vecchio, identificabile con Omero, posa una corona di alloro. In cima alla composizione piramidale sta una figura femminile con lancia ed elmo, forse una musa o più probabilmente Pallade Atena. Sul primo piano a destra uno scudo e una lancia alludono forse al contenuto guerresco del poema. L’idea di dissimulare l’identità dei personaggi sotto una bauta non è nuova nell’ambiente degli Incogniti e potrebbe risentire del montante nicodemismo.
Per il disegno dell’antiporta il Loredan fece ricorso, forse per la prima volta, alla matita dell’anversese Daniel van den Dyck con la collaborazione dell’immancabile incisore Giacomo Piccini. È proprio a quest’altezza temporale che il Loredan affianca al romano Francesco Ruschi, inventore privilegiato se non prediletto fino ad allora, il pittore fiammingo. È probabile che ciò avvenga proprio in occasione di questa edizione.
Questa e alcune altre invenzioni per il Loredan rimandano ad alcune scene minori affrescate a Padova nel palazzo dei Belloni. La naturalistica anatomia del nudo muscoloso in primo piano offre diverse possibiltà di ricontro nella produzione pittorica del seguace di Rubens (basti citare la personificazione dell’Estate nella saletta delle Stagioni a palazzo Belloni), anche se la mediazione grafica di Piccini ha finito in questo caso per diminuirne l’aggressività formale. Difficile valutare fino a che punto Piccini abbia messo del suo in questa e in altre traduzioni calcografiche: resta il fatto che la delicata figuretta con elmo si direbbe riuscita assai più nello stile dell’incisore veneziano che in quello dell’inventore fiammingo.