La stampa periodica illustrata in Italia nella seconda metà dell’800
print this pagedi Aurora Raniolo
L’editto sulla stampa – 26 marzo 1848 – promulgato nel Regno di Sardegna in applicazione dell’art. 28 dello Statuto albertino – «La stampa è libera, ma una legge ne reprime gli abusi» – fu esteso nel 1861 a tutta la penisola, quindi al Veneto nel 1866 e alla città di Roma nel 1870. L’editto riconosceva a ogni cittadino la facoltà di espressione e aboliva la censura preventiva, dichiarava la libertà di stampa e il diritto di pubblicare periodici e giornali senza bisogno di autorizzazione, stabilendo comunque regole e forme di intervento per reprimere «gli abusi». Qualunque «suddito del Re» poteva pubblicare giornali o periodici che dovevano avere un gerente responsabile. Anche grazie ad esso, poterono sorgere e svilupparsi le numerose testate quotidiane e periodiche che caratterizzarono la vita culturale e politica postunitaria.
Nei due decenni successivi all’Unità il giornalismo italiano fu per certi aspetti il proseguimento della milizia politica che lo aveva caratterizzato durante il Risorgimento, frammentato com’era in numerose esperienze, spesso dalla vita breve e con basse tirature, a differenza di quanto accadeva negli Stati Uniti, in Gran Bretagna e in Francia, dove si stava affermando, accanto a un’informazione rivolta alle élites, un giornalismo popolare. Mentre in Italia, nel decennio 1860-1870, il numero di quotidiani venduti non superò le 400-450.000 copie complessive, in Inghilterra nel 1860 il solo Daily Telegraph vendeva 141.000 copie e negli anni Settanta News e Standards stampavano circa 200.000 copie quotidiane ognuno; in Francia il Petit Journal nel 1865 raggiunse le 259.000 copie. Per avere un termine di paragone, il primo giornale italiano ad ampia tiratura, Il Secolo, toccò le 100.000 copie solo nel giugno del 1883, in occasione dell’edizione straordinaria uscita per la morte di Garibaldi.
La principale novità che caratterizzò l’editoria e il giornalismo postunitari e che implicò l’intento di rivolgersi a un pubblico ampio e, al tempo stesso, differenziato, fu data dal fatto che alla produzione di libri alcuni editori affiancarono quella di riviste e giornali spesso illustrati. In seguito anche alcuni quotidiani cominciarono a introdurre pubblicazioni settimanali dal carattere più divulgativo e variegato.
Proprio la vasta articolazione al loro interno faceva sì che queste pubblicazioni potessero interessare un pubblico diverso, borghese, colto, professionista, mentre iniziarono a nascere periodici più specializzati, rivolti a determinati potenziali lettori. Come sarà, ad esempio, con la stampa femminile e di moda. Gli anni Ottanta dell’Ottocento furono anni cruciali sia per la crescita consistente dell’alfabetizzazione di massa e quindi di un nuovo pubblico di lettori, sia perché giungono al pieno sviluppo sempre nuove tecniche di riproduzione delle immagini.
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