Agostino Barbarigo
print this pageDoge di Venezia dal 30 agosto 1486 al 20 settembre 1501
Nasce nel 1419 da Francesco, Procuratore di San Marco, e da Cassandra Morosini; è insieme a Francesco Foscari e Tommaso Mocenigo uno dei personaggi di maggior rilievo del mondo politico veneziano del secondo Quattrocento. Il carattere autoritario lo contrappone nettamente al fratello Marco, di cui è fiero oppositore politico e al quale succede nelle principali cariche pubbliche in città. Diviene infatti Procuratore di San Marco de supra nel 1485 e nello stesso anno viene nominato Bibliotecario della Libreria di San Marco.
Una volta eletto Doge nel 1486, deve innanzi tutto sedare il contrasto tra le vecchie e le nuove case del patriziato per il controllo politico e amministrativo della città, lotta che si acuisce proprio con la sua elezione: i Barbarigo infatti fanno parte delle nuove famiglie che pretendono di partecipare attivamente alla conduzione del potere alla pari con quelle più antiche. Il Doge riesce comunque a mantenere una tregua tra le diverse fazioni grazie alla personalità carismatica e alla sua notevole capacità oratoria.
Sotto il suo dogado, Venezia viene coinvolta nelle guerre contro Sigismondo d’Asburgo per i confini del Trentino (1487), senza però ottenere risultati significativi; partecipa alla lega antifrancese alleandosi con lo Stato Pontificio, la Spagna e il ducato di Milano in occasione della calata in Italia di Carlo VIII re di Francia nel 1494; si scontra con Firenze per la difesa di Pisa, con Lodovico il Moro e infine con i Turchi che riescono però a sconfiggere Venezia presso l’isola di Sapienza, saccheggiano il Friuli e occupano Modone, Corone e Navarino. Nel 1489 tuttavia la Repubblica riesce a ottenere il possesso di Cipro, esautoratane Caterina Corner, e conquista Cefalonia; nel 1499 si assicura anche l’annessione della città di Cremona e della Ghiaradadda, cedendo però Milano.
Agostino Barbarigo muore il 20 settembre del 1501. La conduzione del suo dogado riceve molte critiche: viene infatti descritto come un uomo imperioso, intransigente nei confronti degli oppositori; viene accusato di aver tollerato e promosso favoritismi, contrabbando, corruzione e di aver praticato attività speculative. Defunto, gli eredi sono condannati al pagamento di 7600 ducati, e ai Correttori alla Promissione Dogale viene dato mandato di sorvegliare i futuri eletti perché «non se fazi omnipotente come feva missier Augustin Barbarigo».