Ponte di san Giorgio

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Nell’autunno del 1943 il Trentino è parte dell’Alpenvorland. Il bombardamento alleato del 2 settembre si è abbattuto anche sul ponte di San Lorenzo. I collegamenti tra le due sponde dell’Adige sono interrotti se non fosse per le zattere approntate presso Piedicastello. Nel dicembre 1943 la Società cementi armati centrifugati è in contatto con l’organizzazione Todt nella persona dell’ingegnere generale Fuchs. L’Organizzazione Todt, istituita nel 1933 da Fritz Todt (1891-1942), si occupa dapprima delle costruzione delle autostrade poi, divenuta ausiliaria della Wehrmacht, delle costruzione delle fortificazioni e delle infrastrutture civili e militari. Successivamente alla morte di Todt, è guidata da Albert Speer (1905-1981) che estende l’attività ai paesi occupati mediante arruolamento volontario e coatto.

A Trento, la Todt prevede la costruzione di un nuovo ponte per esigenze eminentemente militari. Il ponte è concepito con sole pile a parete piena, ovvero cinque pile intermedie equidistanti, e sovrastante struttura in legno costituita da sei travate. Si tratta di una costruzione essenziale che consente una rapida riparazione anche in caso di danni ingenti. Nei primi mesi del 1944, il ponte, ubicato all’altezza di via Felice e Gregorio Fontana, è ultimato.

La costruzione, a quanto ci risulta, non conosce denominazione ufficiale. Per consuetudine, sia da parte della pubblica amministrazione, sia della popolazione civile, è detto “ponte dei tedeschi”.

Nell’aprile 1945 un’incursione aerea centra la pila centrale provocando una breccia nel rostro a valle. In conseguenza di questo e per effetto dello scalzamento del plinto, causato dell’azione erosiva del fiume, si aggravano le precarie condizioni di stabilità. Per ragioni di sicurezza e incolumità pubblica si interrompe il traffico agli autoveicoli. Nel settembre 1949 il ministero della Difesa comunica al ministero dei Lavori pubblici che il ponte è da conservare nell’interesse della difesa. Costituisce il raddoppio del ponte posto più a valle ossia quello di San Lorenzo.

Nel dicembre 1951, il comune di Trento progetta un’operazione di modifica e sistemazione non concretatasi a causa dell’impossibilità di finanziare la spesa da parte del Provveditorato regionale alle opere pubbliche. Nel 1952 il Genio civile riesamina l’affare e promuove un ulteriore progetto di ripristino appaltato all’impresa Eduino Ferrari. I lavori sono consegnati il 17 novembre 1952 quindi ultimati il 16 marzo 1953. Il costo totale è pari a lire 3.838.031. Ora, i fascicoli concernenti il progetto riportano la denominazione “ponte di san Giorgio”. Veniamo alla toponomastica. L’attribuzione del nome attuale risale ai primi anni del dopoguerra. Si contano almeno due narrazioni a proposito. La prima, racconta di una sortita notturna compiuta nel 1951 da Aldo Lunelli – professore, animatore dell’oratorio di Cristo Re, tra i fondatori del coro Dolomiti di Trento – e due amici muniti di vernice. La seconda, riferita allo stesso Aldo Lunelli da Giuliano Abram, conosce attori diversi, identificati con taluni componenti della squadra calcistica San Giorgio di Vela, ma il medesimo intreccio. Permangono il nome, ossia san Giorgio, la vernice e la provocazione.

San Giorgio megalomartire (celebrato il 23 aprile) è il protettore degli scout e degli esploratori cristiani. La Legenda aurea di Iacopo da Varazze (XIII secolo) racconta che, in Libia, nei pressi di Selem, vi era un lago abitato da un drago. Per placarne gli appetiti i seleniti gli sacrificavano i giovinetti della città. Quando tocca alla figlia del re interviene san Giorgio, cavaliere errante cioè esploratore. San Giorgio conduce il drago, al guinzaglio, entro le mura di Selem quindi lo decapita a patto che i seleniti si convertano. Qui, il ponte prende il posto del drago. È “dei tedeschi” cioè, per metonima, simbolo della guerra. Da elemento avulso è condotto entro il tessuto urbanistico di Trento. L’esecuzione pubblica del drago ha funzione palingenetica quanto l’atto di nominare tramite le pennellate di vernice. All’uomo è concesso dominare il creato – e la storia – nominando le cose. La vernice che imbratta il ponte ne è manifestazione. Così come l’uccisione del drago è pubblica, la vernice e il pennello rispondono al medesimo criterio di pubblicità. Da ciò l’occasione di rielaborare, sostenere i fantasmi della storia subita, quindi pervenire alla vita nuova. Vale a dire, la rivelazione di Cristo per i seleniti, la Liberazione e la Ricostruzione per i trentini.

Bibliografia essenziale

Il primo decennio della SCAC, Trento, Società Cementi Armati Centrifugati, 1930.

Lunelli, Aldo, Breve storia di un ponte, “Il Trentino”, nn. 32-33, 1970.

Montresor, Attilio (a cura di), SCAC anni cinquanta, Milano, Società Cementi Armati Centrifugati, 1970.

Vadagnini, Armando, et alii, È Cristo Re! Storia di una chiesa e di un rione a Trento nel secondo dopoguerra, [Legoprint, Lavis,] 2002.