Gerhard Schwarz è un artista tedesco che vive da anni a Roma. La sua attività di pittore comincia nel 1990 con i consigli dell’amico Dario De Black. Geri, così lo chiamano gli amici, comincia a dipingere perché come molte persone della sua categoria è mosso da un’interiore pulsione alla rappresentazione figurativa. Bisogna puntualizzare che sotto l’accezione di “figurativo” oggi vanno compresi non solo le rappresentazioni analogiche, ma tutti quei lavori che, astratti o analogici che siano, sono comunque elaborati su di un supporto bidimensionale.
Il mondo iconico di Geri è legato alla rappresentazione del regno vegetale e dell’acqua; Geri “sente” i boschi, i prati dei maggio ricchi di erba alta e ne coglie i colori, ne intuisce la luce nelle lunghe giornate della stagione estiva incipiente; così come “sente” l’acqua che si materializza nei ruscelli che fluiscono nel sottobosco e ne coglie il movimento, i riflessi nei tanti laghetti e pozze che trova nelle sue escursioni nella campagna laziale. In questo Geri sembra impersonare un pittore dell’Impressionismo francese, ma egli non copia né ricorre ad effetti tecnici accademici – egli figura di istinto e per vocazione rappresentando della natura i fremiti, l’avvicendarsi delle stagioni, il dinamismo della luce, con un’immediatezza che deriva dal tradurre gli istanti di percezione in altrettanti istanti di costruzione cromatica.
I segni del pennello e i grumi di colore si depositano sulla superficie del quadro secondo lo stile e l’istinto di Geri e con una firma non rapportabile ad alcun altro pittore passato o presente. Così Geri appartiene alla cultura occidentale e le sue rappresentazioni ne riflettono i modelli di cui il più evidente è Monet. Ma questi modelli non vengono assunti per determinazione teorica ma per affinità mentale e necessità stilistica. Geri colloca la sua visione del mondo nella natura che rappresenta con l’intenzione di riportarne l’attimo percettivo con un’azione immediata del pennello, in cui mano e occhio lavorano ad un ritmo sincronico con una serie di istantazioni che non terminano fino a quando l’opera non è finita.
Non ha importanza che questa dimensione della rappresentazione abbi a modelli ormai storicizzati; ha importanza che l’opera sia “viva” e quella del pittore in questione lo è fino al punto di produrre nello spettatore un effetto di vera e propria sinestesia, quando si ha quasi l’impressione di percepire il tepore dell’aria, o i fruscii delle foglie, o una bava di vento sulla pelle, o il suono largo e scoppiettante del fluire di un ruscello.
Le cose che colpiscono di più in Geri sono le tonalità verdi, blu, gialle e marroni che dipingono la cellulosa dei tronchi e la clorofilla delle molteplici varietà di foglie intuibili e soprattutto certi bianchi che evocano i bagliori di luce che illuminano gli specchi d’acqua. Geri è un grande rappresentatore dell’acqua, soprattutto quando mette a contrasto, con il bianco, effetti specchianti rispetto a zone limacciose e ombreggiate dove i colori diventano cangianti, ora assumendo colorazioni tenui, pastello, del rosa, del viola,del ceruleo, ora incupendosi fino al nero.
Geri come molti altri pittori che rappresentano su tela o su carta si schiera in quella grande contrapposizione dialettica che oppone oggi autori che figurano a due dimensioni e che si affidano alla manualità e all’espressione iconica, ad autori che progettano installazioni,a body-artisti, in generale ai pittori concettuali.
Forse la contrapposizione non c’è; forse stiamo parlando di i contesti di interesse e di linguaggi diversi, di modi e mondi della rappresentazione lontani tra loro anni luce e che la superficialità di cattivi divulgatori di cose artistiche si ostina a mettere in sequenza sotto il comune e generico denominatore di arti visive, facendo intendere che l’evoluzione aggiornata del genere delle arti visive è rappresentata oggi dall’arte concettuale.
Carlo Enrico Bernardelli
Pittore esperto di problemi di rappresentazione e di immagine. Ha scritto sul tema vari saggi e collabora stabilmente con la rivista Prometeo.