Origini e fini
print this pageLe notizie sull’origine dell Mappamondo sono molto frammentarie. Tra l’altro, non si è certi né dei committenti né della effettiva data di realizzazione delle matrici. Non si ha neanche notizia dell’esistenza di stampe del Mappamondo anteriori a quelle del 1795.
Il primo a studiare la mappa dopo il ritrovamento della matrice lignea alla fine del XVIII secolo è stato l’abate Simone Assemani, noto orientalista di origini libanesi trasferitosi a Padova per insegnare prima presso il Seminario diocesano e poi all’Università.
Nell’Ottocento, secondo quanto riportano alcune guide della città di Venezia, si diffonde una leggenda che vuole che i legni, considerati di origine costantinopolitana, siano stati rinvenuti in una galea turca saccheggiata dai veneziani capitanati da Francesco Morosini nel 1664.
La leggenda ha però avuto vita breve grazie agli studi di D’Avezac, geografo francese, che in alcune note del 1865 sul Mappamondo riesce a proporre una convincente ipotesi sull’origine della Mappa grazie all’aiuto di un turcologo della Scuola speciale di Lingue orientali di Parigi e dell’abate Valentinelli, Prefetto della Biblioteca Marciana a Venezia.
D’Avezac è venuto in possesso di documenti d’archivio inediti grazie al collaboratore dell’abate Valentinelli. Di notevole interesse risulta un documento, oggi non più disponibile, contenente il privilegio concesso nel 1568 dai Riformatori allo Studio di Padova (magistratura fondata dalla Serenissima col compito di sovrintendere, tra l’altro, all’istruzione e all’editoria) al tipografo veneziano Marc’Antonio Giustiniani. Da queste informazioni D’Avezac è riuscito a delineare i collaboratori e le competenze che hanno reso possibile la pubblicazione del Mappamondo: informazioni utilizzate dal supposto autore del Mappamondo Hajji Ahmed, raccolte da Abul-Feda (citato nella mappa come sultan Ismael), geografo e storico arabo, sultano in Siria e vissuto a cavallo tra il XIII e il XIV secolo; le traduzioni di Michele Membré e di Niccolò Cambi, rispettivamente interprete ufficiale e gran dragomanno della Repubblica di Venezia; la stampa per opera del tipografo Marc’Antonio Giustiniani, noto stampatore di opere in lingue orientali.
Altro importante studio è stato quello di Ménage, turcologo inglese, che nel 1959 conferma l'ipotesi che il dichiarato autore Ahmed non sia l’effettivo autore, ma che l’opera nasca dal gruppo di veneziani individuati da D’Avezac con l'obiettivo di produrre un manufatto destinato al mercato orientale. In particolare l’autore individua come destinatari dell’opera quei sovrani ottomani che apprezzano e richiedono la cartografia prodotta nel XVI secolo a Venezia, a quell’epoca il principale centro del sapere geografico ed in particolare quello sull’Oriente.
Lungo il corso del Cinquecento sono attivi a Venezia Giovanni Battista Ramusio, cartografo e autore dei principali resoconti di viaggi verso le “nuove terre”; Giacomo Gastaldi, disegnatore di numerose mappe, anche per opere di Ramusio; Michele Membré, che a metà del XVI secolo lavora con Gastaldi alla pubblicazione di una carta dell’Asia. Proprio i nomi di questi esperti si nasconderebbero dietro il dichiarato autore della mappa cordiforme.
Secondo i recenti studi di Giampiero Bellingeri, professore di lingua turca all’Università Ca’ Foscari di Venezia, Ahmed sarebbe definitivamente un prestanome, garante dell’attendibilità della Mappa per il mondo turcofono e islamico. Lo stesso studioso precisa, tra l’altro, che si tratterebbe però di una garanzia solo parziale, in quanto è il linguaggio medesimo, con la sintassi e i temi trattati, a smentire la veridicità di quanto dichiarato dal supposto autore della mappa.