Ma chi era Francesco Gentiletti?
Da ricerche condotte nei registri parrocchiali si sa che era originario di Treja, dove nasce il 9 novembre 1841, mentre non si conosce la data del suo trasferimento a Roma. Ma quale era la sua professione o attività? Un vero antiquario – come si definisce nel biglietto da visita allegato alla pratica dell’acquisto dei disegni vanvitelliani – o un artista, come è segnato nello Stato delle Anime di S. Giacomo in Augusta, o ancora un trattore, come risulta dai libri della Parrocchia di San Rocco dove è registrata la sua morte?
Il suo nome in realtà non è mai presente nella Guida Monaci di quegli anni alla voce antiquari o librai antiquari, né è citato nelle accurate bibliografie sul mercato antiquario redatte da Augusto Jandolo, o nei più recenti lavori su questo argomento; è certa invece la sua attività di cameriere, e in seguito proprietario di trattoria; inoltre Francesco Gentiletti è colui a favore del quale Gabriele d’Annunzio firma, nel 1891 e nel 1892, due cambiali con cui impegna alcuni beni per assolvere parte dei debiti che suo padre e lui stesso avevano contratto.
Tra il 1891 e il 1893 infatti Gentiletti era capo cameriere al Gran Caffé Roma a San Carlo al Corso, e proprio di quel periodo sono le due cambiali, conservate alla Biblioteca Nazionale di Roma. Il nome di Gentiletti torna frequentemente nell’epistolario di d’Annunzio, a volte con toni amichevoli, a volte come un incubo. E di fatto il cameriere del Caffè Roma sarà uno dei suoi più accaniti creditori, fino a costringerlo al pignoramento dei suoi beni a garanzia delle cambiali emesse, anche se queste non saranno mai pagate dal Vate, sempre insolvente nei suoi confronti. Gentiletti fu creditore anche nei confronti di Edoardo Scarfoglio e Matilde Serao, era quindi un personaggio ben noto, anche per la sua attività e presenza al Gran Caffé Roma, locale frequentato da deputati, personaggi illustri, artisti. Egli riuscì ad accumulare, grazie alla sua “seconda attività”, tanto denaro da poter acquistare nel 1906 la trattoria Corradetti, meglio nota come Alla Concordia, in via della Croce 81, che condusse fino al 1920, autodefinendosi “Checco l’Avvelenatore”! Un soprannome che forse non si riferiva solo all’attività di oste ma al fatto di avvelenare la vita degli altri, concedendo crediti e richiedendo poi pesanti interessi.
Cambiale firmata da Gabriele d'Annunzio
Ma in che modo Gentiletti venne in possesso dei disegni di Gaspar van Wittel? La provenienza dannunziana dei disegni, seppure plausibile in base a quanto ci è noto, rimane semplicemente un’ipotesi. In realtà il problema si collega a quello più ampio della dispersione delle opere dei Vanvitelli, Gaspare, Luigi e Carlo: un accenno esplicito ai disegni di Gaspare si ha in una lettera del nipote Carlo che il 4 febbraio 1764 scriveva allo zio Urbano, fratello di Luigi e altro figlio di Gaspare, ringraziandolo «dei disegni bellissimi del Sig. Nonno, ne’ quali spero ricavare molta fondatezza di acquarellare». Questi beni si disperderanno in seguito tra i diversi eredi, confermando quanto giustamente evidenziato circa la mancanza di necessari “anelli di congiunzione” tra Carlo Vanvitelli e i collezionisti del tardo secolo XIX. A ciò si deve aggiungere che nel passato i disegni di Gaspar e Luigi sembrano a volte mescolarsi e confondersi fra di loro, fino ai fondamentali studi di Giuliano Briganti e di Walter Vitzthum per Gaspar, e quelli di Jörg Garms per Luigi.
Questo quadro confuso è confermato da un elenco presente in un manoscritto della Biblioteca Apostolica Vaticana, il Ferraioli 884, intitolato: Elenco di una interessante collezione di disegni originali del cavaliere Luigi Vanvitelli, che nei primi punti riporta: «Art. 2: Pregevoli bozze, ovvero schizzi, di vedute campestri e di varie città d’Italia, porzione in contorno e porzione ad acquarello, n. 71. Art. 3: Reggia di Caserta. Piante e facciate geometriche ad acquarello. Decorazioni interne della cappella e del teatro con i relativi dettagli. Piazzali, stradoni, viali e parterre. Varii accessorii n. 45. Più le piante incise dei singoli piani componenti l’intero edificio, n.16». Il manoscritto Ferraioli potrebbe essere copia di un elenco di disegni destinato a una vendita avvenuta probabilmente nella seconda metà dell’Ottocento. Il gruppo di disegni della Nazionale è di fatto costituito da vedute di varie città d’Italia, più due planimetrie della Reggia di Caserta.
Purtroppo allo stato attuale, per quanto riguarda la collezione della Biblioteca Nazionale, non resta che confermarne la provenienza da Francesco Gentiletti, non esattamente un antiquario o libraio antiquario, per volontà di Domenico Gnoli, direttore capace di individuare la possibilità di acquisti importanti e significativi.
Se l’attuale mostra è la prima in cui la raccolta dei disegni vanvitelliani è esposta nella sua integrità e nella sua sede di appartenenza, molte in realtà sono state le mostre arricchite dai disegni, esposti anche singolarmente, a partire proprio da quella di Topografia Romana, voluta nel 1903 dallo stesso Gnoli.
La mostra del 1903 fu un’occasione importante per far conoscere, a dieci anni dall’acquisto, la collezione vanvitelliana della Biblioteca, di cui furono scelti venti disegni con vedute romane. Dall’elenco redatto in quell’occasione si constata la presenza di due disegni che hanno come soggetto il Colosseo, mentre dal più recente inventario topografico, redatto negli anni Settanta, risultava la presenza di un solo disegno con questo soggetto, peraltro segnalato come mancante dal 1972. Al n. 19 dello stesso inventario topografico invece è segnalato come mai pervenuto un disegno di cui non è riportato il soggetto.