I busti del Pincio

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Un Pantheon all'aria aperta

Un busto al Pincio significa suprema onoranza. Lassù è un Pantheon all'aria aperta, sono i Campi Elisi ove si trovano insieme i nostri più grandi uomini

Con queste parole, pronunciate in una seduta del Consiglio comunale del 1893, Domenico Gnoli sottolineava con enfasi il valore della presenza a Roma di un parco cittadino, aperto a tutti e frequentato da tutti, destinato a raccogliere le memorie nazionali. Se in altre città europeee ed italiane realtà urbanistiche di questo tipo avevano lunga tradizione, nella nuova capitale dello stato unitario solo da pochi decenni questa presenza si era venuta concretizzando, in fasi divese e fra incertezze e difficoltà di natura politica e culturale. Come vedremo, la stessa vicenda originaria della collocazione delle erme pinciane sottolinea la mancanza di un'idea guida finalizzata alla creazione di un giardino patriottico-celebrativo. Le istituzioni politiche coinvolte, sia il governo democratico della repubblica romana, responsabile della prima commissione di busti, che il restaurato potere pontificio, cui spetta l'iniziale collocazione di essi, in un certo senso subirono l'iniziativa, promossa da societò di artisti a scopo occupazionale e assistenziale. Così, tra i progetti celebrativi rapidamente formulati all'indomani della presa di Roma dalla nuova amministrazione dello stato unitario, non figura l'ipotesi di sfruttare ideologicamente, accrescendolo in senso patriottico e risorgimentale, quell'embrione di parco della rimembranza finora realizzato al Pincio. Saranno ancora una volta gli artisti riuniti in assemblea nel maggio del 1871, a proporre l'ampliamento della collezione e da questo nuovo impulso prenderà avvio la progressiva identificazione del Pincio come pantheon all'aria aperta delle glorie italiane.

Eppure il giardino della memoria, se da un lato entra a buon diritto nel più ampio orizzonte delle idealità nazionalistiche e patriottiche, dall'altro può rappresentare un efficace strumento di autoesaltazione del potere costituito e di indirizzo pedagogico per tutti gli strati della popolazione. Proprio le caratteristiche intrinseche di giardino pubblico ne assicurano il successo: realizzato per i bisogni ricreativi e sociali della città e dei suoi abitanti, con la collocazione al suo interno di monumenti celebrativi diviene una sorta di santuario "profano", dedicato al ricordo di uomini "benefattori" della patria, offerto come exemplum virtutis su cui modellare le coscienze dei sudditi [...]

brano tratto da Il giardino della memoria: i busti dei grandi italiani al Pincio a cura di Massimo Cremona, Sabina Guisci, Alessandra Ponente, Roma, Artemide, 1999, p. 11 studio approfondito sull'argomento, a cui si rimanda per qualunque altra curiosità in merito