Fontana, Carlo
print this page- Data di nascita e di morte
- 1865-1956
Nacque a Carrara il 5 ott. 1865 da Ulderico e Marianna Sparano. Studiò presso l'Accademia di belle arti della sua città con A. Bigi e C. Nicoli; nello studio di quest'ultimo compì un breve tirocinio. Per la sua formazione fu tuttavia fondamentale il lungo apprendistato presso i laboratori dei marmorari carraresi che frequentò fin da ragazzo. Probabilmente già dal 1886, anno in cui espose la scultura in creta L'infanzia di un eroe, ossia Garibaldi giovanetto alla Promotrice di Genova (catal., p. 22), il F. si stabilì a Genova, dove visse sino al 1889. Durante il soggiorno ligure realizzò alcune opere di tema venstico-sociale, quali Emigranti (terracotta, New York, coll. priv.), ispiratogli dalla vista dell'imbarco degli emigranti dal porto, e Diseredato (Millesimo, coll. priv.), che verrà esposto nel 1892 alla Promotrice di Torino (catal., p. 24). La scultura del Garibaldi giovanetto (gesso, Carrara, Accademia di belle arti), grazie alla quale fu premiato con medaglia d'argento all'Esposizione di belle arti di Roma del 1890, è ispirata ad un episodio del romanzo Garibaldi e i suoi tempi di J. White Mario (Milano 1884). Il gruppo, dal ritmo saliente e avvolgente, sembra ispirato al Colombo giovinetto (1870) di G. Monteverde. Del resto, come nel Genio di Franklin (1871) dello stesso Monteverde, è proprio del gusto tardoromantico dell'epoca ricercare le prime manifestazioni dell'eroismo o della genialità nell'infanzia dei grandi personaggi, quasi a prefigurazione del destino futuro (M. De Micheli, La scultura dell'Ottocento, Torino 1992, p. 240 e n. 147). Nel 1888 il F. vinse il concorso della Provincia per la pensione a Roma con Tarquinio il Superbo che caccia dal trono Servio Tullio (bassorilievo in gesso, Carrara, Accademia di belle arti), cui seguirà, come seconda prova per il pensionato, il gesso Pietro Tacca, prima ideazione di un soggetto che si cpncretizzerà nel 1900 con il monumento dedicato a Pietro Tacca nella stessa Carrara. Nel 1891 si aggiudicò il primo pensionato nazionale di scultura con il bassorilievo Il filosofo Campanella torturato in carcere (bronzo, Sarzana, coll. Fontana); l'anno successivo vinse il concorso triennale Albacini con il gruppo Saffo e Faone (terracotta, Roma, Accademia di S. Luca). Tali pensionati gli permisero di vivere stabilmente a Roma. Prese uno studio in via dei Greci e frequentò il Circolo degli artisti e il caffè Greco. Proseguì la sua intensa attività artistica ed espositiva, prendendo parte ad importanti rassegne nazionali, come il F. stesso scrisse nelle sue memorie Il libro dei sogni. Ricordi autobiografici (a cura dì C. Fontana jr., Avenza s.d. [ma 1965], cui si rimanda per l'elenco dettagliato delle opere, ove sono indicate anche le diverse versioni e proprietà). Negli ultimi decenni del secolo la costruzione degli edifici di Roma capitale, nonché i concorsi per i monumenti agli eroi nazionali, fanno della città un importante centro che attira da ogni parte d'Italia artisti, politici, giornalisti, scrittori, lavoranti. Benché l'ambiente romano sia dominato dalle figure di E. Rosa, E. Ferrari e G. Monteverde, non sembra potersi ravvisare un omogeneo indirizzo estetico. Anche la produzione artistica del F. in questo periodo rivela un complesso eclettismo, che comprende ancora temi classici e accademici, opere di vago allegorismo o di interesse storico-sociale, di gusto commerciale o di richiamo all'esotismo, come si nota anche scorrendo i titoli delle sculture più importanti: Bacio dei campi o Idillio campestre (1891, bronzo, coll. del pittore C. Ferrari); Profezie di Isaia - Tempo verrà che gli uomini faranno delle loro spade zappe..., esposto nel 1897 alla III Triennale di Brera (catal., p. 41); Portatore d'acqua arabo (1900, Parigi, Musée d'Orsay); Emanuele Filiberto che studia la carta d'Italia (1902, acquistato dalla regina Margherita). Agli inizi del nuovo secolo lo stile del F. sembra abbandonare i manierismi di moda per esprimere le caratteristiche più genuine dello scultore, con un richiamo'da una parte alla solidità plastica del classicismo romano, dall'altra al michelangiolismo. L'opera che segna la svolta è il Farinata degli Uberti (marmo, Roma, Galleria nazionale d'arte moderna). Nella marcata fisionomia del volto, nell'intensità dello sguardo, nella bocca dalla piega sprezzante il Farinata diventa l'emblema dello spirito di ribellione dell'umana natura, il protagonista di una irriducibile opposizione. L'opera fu esposta nel 1903 alla Biennale di Venezia, rassegna alla quale il F. prese parte anche nelle successive due edizioni; sempre del primo decennio, sono da ricordare le sue partecipazioni alla mostra della Società degli amatori e cultori di Roma (1901, 1904), all'Esposizione universale di Saint Louis (1904) e all'Esposizione internazionale di Milano (1906). Il tema dell'eroe ribelle ritorna nel Prometeo liberato (1906, bronzo, Milano, coll. priv.). Originariamente pensato come monumento per il poeta Percy B. Shelley, doveva essere innalzato in riva al mare di San Terenzo, sulla costa ligure, dove il poeta era vissuto ed era morto annegato. Il monumento, mai realizzato, ispirato al poema di Shelley Prometheus unbound, raffigura il gigantesco titano, quasi sorgente dal mare, mentre con il fulmine scrive sulla roccia "A Shelley. Il mondo liberato". Nel 1907 il F. prese parte, senza vincerlo, al concorso per il monumento adAnita Garibaldi, da erigersi a Roma sul Gianicolo (verrà eseguito nel 1932 da M. Rutelli). Nello stesso periodo progettò il monumento di Garibaldi a Sarzana (inaugurato nel 1914), intitolato Il genio della stirpe. In quest'opera il F. tralascia la figura dell'eroe, che imperversava ormai nei monumenti di tutto il territorio nazionale, immaginando invece un vigoroso e plastico nudo maschile, atteggiato come l'Ercole Farnese, cioè il giovane popolo italiano, che si ripara e si difende dietro lo scudo ovale in cui è effigiato il profilo di Garibaldi. Nel 1908 il F. si aggiudicò l'importante concorso per la Quadriga dell'Unità, per il Vittoriano a Roma (propileo di sinistra): la gigantesca opera in bronzo fu collocata solo nel 1927, dopo aver posto innumerevoli problemi di statica e di fusione. Come ricorda l'autore nella sua autobiografia (pp. 36-39), la preparazione comportò accurati studi anatomici e dal vero per i cavalli, nonché l'uso delle moderne tecniche fotografiche e di riprese cinematografiche, fino all'impiego di modelli grandi al vero. Durante i venti anni circa in cui lavorò alla Quadriga del Vittoriano, il F. si dedicò a un progetto utopico: una Colonna coclea, o Colonna della latinità, ideata come la terza colonna romana, dopo l'Antonina e la Traiana, ma di proporzioni maggiori (un modello in bronzo è conservato presso il Museo di Roma - palazzo Braschi). L'opera doveva essere realizzata per l'Esposizione universale del 1942, di fronte alla costruenda nuova Biblioteca nazionale (si veda il disegno ripr. in La terza colonna coclea, 1975, p. 115), ma lo scoppio della guerra e la caduta del fascismo vanificarono il progetto. Nel 1942 il F. prese parte alla X Mostra del Sindacato fascista belle arti del Lazio, ove espose sculture di molti anni prima, come Il littore (il gesso è conservato a Roma, Accademia dei Virtuosi al Pantheon) e L'acquaiolo, già presentato nel 1901 alla Promotrice di Genova (catal., p. 13). Il F. è stato anche un importante ritrattista. Eseguì, tra gli altri, il busto del Senatore Blaserna (1906, marino, Roma, palazzo Madama); L'on. E. Feni (1906, marino, Roma, Aula magna dell'università); il celebrato e delicato autoritratto Eterno sognatore (1906, bronzo, Roma, Galleria naz. d'arte moderna); il busto di Bjornsderne Bjornson (marmo, 1906-1910 circa, Biblioteca dell'università di Oslo); la Principessa Vittoria Colonna (1910 circa, marmo, Sarzana, coll. Fontana). Lucido e attivo fino alla più tarda età - nel 1951 espose due sculture in bronzo alla Quadriennale romana - il F. morì a Sarzana (prov. di La Spezia) il 16 nov. 1956.