Il XVI secolo fu il secolo d’oro del merletto eseguito a mano. Ne sono magnifica testimonianza numerosi dipinti dell’epoca in cui, come guarnizione e rifinitura di abiti principeschi, fanno mostra di sé pregiati ed eleganti merletti.
Fra i primi esempi dell’uso di impreziosire gli abiti intessendoli con ricami e passamanerie non può sfuggire un particolare del dipinto di Vittore Carpaccio (1465 ca. – 1525-1526), il Ritorno degli ambasciatori alla corte d’Inghilterra: al centro della tela un uomo, ritratto nell’atto di inginocchiarsi, mostra calze ricamate di perle e ornate di passamanerie d’oro.
Straordinario valore storico e documentario hanno, qualche anno più tardi, alcuni dipinti dell’illustre ritrattista fiammingo Antoon van Dyck (1599 - 1641) nei quali la somma abilità delle mani dell’artista ha ricreato sulla tela gli orditi “ad ago” e “a fuselli”, che, al tempo, avevano soppiantato le più semplici tecniche del “punto tagliato” e della “rete”.
Nel ritratto della marchesa Paolina Adorno Brignole Sale, che il maestro fiammingo eseguì tra il 1622 e il 1627, spicca ai piedi del sontuoso abito e in contrasto con il chiarore del tessuto, un elegante intreccio dorato, assai simile ad un merletto, che, disposto in tredici strisce, disegna elegantemente il bordo finale della veste esaltandone la raffinatezza in misura superiore a quanto avrebbe potuto fare anche un prezioso gioiello.
Ancora dall’area dei Paesi Bassi proviene un altro esempio di perfezione tecnica nella rappresentazione dei particolari che adornano le figure e il loro abbigliamento: in quell’immagine, divenuta con il tempo icona delle virtù femminili, che è La merlettaia di Jan Vermeer (1632 – 1675), l’autore gioca la resa finale della sua opera attraverso il contrasto luce/ombra, investendo di straordinaria luminosità il colletto di pizzo bianco che assume, sul semplice abito di raso giallo indossato dalla fanciulla, un risalto di incomparabile bellezza.
Con l’avvento della tendenza “rococò” pizzi e merletti arricchiscono generosamente gli abiti, in particolare quelli femminili. Lo attesta, fra gli altri, Pietro Longhi (1701 – 1785) che, nel dipinto Il mattino della signora veneziana, delinea la scollatura e i polsini della donna che sorregge lo specchio con una elegante bordatura di pizzo.
Nel corso di tutto il Settecento la fortuna di trine e merletti si mantiene inalterata.
E’ attestata ancora una volta sulla tela con la quale Giuseppe Baldrighi (1722 – 1803) assicurò degna rappresentazione alla famiglia di Filippo di Borbone: si noti nel dipinto, oltre al sofisticato velo ricamato che funge da drappeggio sulla veste della piccola Maria Luisa, figlia del duca e futura regina di Spagna, la figura della duchessa consorte, seduta accanto al marito, mentre è intenta a lavorare a chiacchierino, un antico genere di pizzo che toccò l’apice del successo durante l’età vittoriana.
Anche quando sceglie di farsi rappresentare con piglio militaresco, l’aristocrazia non rinuncia al vezzo di guarnizioni e profilature di pizzo. Si osservi in proposito il ritratto di Carlo Emanuele III uscito dal pennello di Maria Giovanna Battista Clementi (1692 – 1761): al principe, evidentemente pronto per uscire in battaglia, non mancano un raffinato collarino e dei candidi polsini di merletto.
Apoteosi del ricamo è, nella seconda metà del Settecento, il bel quadro di Joshua Reynolds (1723 – 1792), The Ladies Waldegrave, in cui l’opulenza reale inglese, mescolandosi alla delicata eleganza francese, dà origine ad una rarefatta atmosfera in cui, attraverso gli sguardi incantati delle tre dame intente al lavoro, si leva un inno all’arte del merletto.
Nel corso dell’Ottocento numerose si offrono le testimonianze della continuità storica dell’arte del ricamo. Dell’inclinazione femminile, tutta romantica, di tenere fra le dita impalpabili fazzoletti di batista elegantemente ricamati e pronti a raccogliere lacrime soavemente sparse, ci racconta il ritratto della contessa Maria Visconti Ciceri firmato da Giuseppe Sogni (1795 - 1874) dove alla leggiadra orlatura del fazzoletto si associa il leggerissimo e altrettanto romantico smerlo della scollatura.
Nel Ritratto della gentildonna napoletana di Giovanni Girosi (1818 – 1891) il merletto che fa da bordura alla scollatura e alle maniche dell’abito riesce, con la sua morbida trasparenza, ad attenuare il rigore della veste, mentre, nell’ultimo scorcio del secolo, anche l’eleganza degli abiti da sera si arricchisce di vaporose balze di trine. Si osservi, come esempio di grande significato in tal senso, il Ritratto della nobile Giulia Lucini di Mosè Bianchi (1840 – 1904) in cui la naturale eleganza del volant di pizzo contribuisce ad esaltare la grazia, tutta aristocratica e mondana, della nobildonna.
Nel corso del Novecento artisti come Leonardo Spreafico, Giuseppe Capogrossi, Romualdo Scarpa e Serena Del Maschio, anche per mezzo di concorsi nazionali e biennali, hanno creato dei modelli che sono stati poi magistralmente interpretati e realizzati dagli artigiani del merletto sposando originalità e tecnica tradizionale.