Incunabolo cartaceo
Nuremberg, Anton Koberger, 1492
PROVENIENZA: Gran Bretagna, Collezione privata
DESTINAZIONE: Lucca, Archivio di Stato
L’invenzione della stampa – più precisamente della stampa a caratteri mobili – ha le sue radici nella metà del Quattrocento nella città di Mainz (Magonza). Il nome più noto e riconosciuto come padre della stampa è quello dell’orafo Johann Gutenberg, che nel 1456 pubblica la nota Bibbia delle 42 linee.
Un altro tipo di stampa, la silografia, che produceva essenzialmente immagini su stoffa mediante stampi in legno agganciati a punzoni e inchiostri colorati, era già utilizzato in estremo Oriente da secoli. Il processo, tuttavia, non conosceva la tecnica che ha fondato l’opera di Gutenberg, incentrata sulla fonditrice e sui caratteri mobili, con la possibilità della fabbricazione in serie di caratteri normalizzati.
I primi libri tipografici, convenzionalmente stampati fino al 1500, sono chiamati incunaboli - dal latino cuna, culla, “libri in fasce” – e presentano forti caratteristiche di continuità con i manoscritti, a partire dall’assenza del frontespizio, alla scrittura su due colonne, dall’assenza di paginazione ai capilettera decorati, ove non miniati. Stampati nella maggior parte dei casi su carta, sono prodotti soprattutto in Italia, Germania e Francia, e sono dedicati a tematiche religiose, scientifiche, letterarie e quotidiane.
Nel corso dei secoli gli incunaboli sono stati censiti e descritti nelle diverse nazioni che ne conservano esemplari, con risultati oggi raccolti nel fondamentale Incunabula Short Title Catalogue curato dalla British Library, con oltre 30.500 notizie catalografiche.
L’incunabolo in esposizione, noto come Opera di Virgilio, è un volume in folio, con legatura antica in pelle di suino con impressioni a secco, piatti in legno e due fermagli metallici sul taglio davanti.
Contiene le Bucoliche e le Georgiche, con i commenti di Servius e di Landinus, e l’Eneide con i commenti di Servius, di Donatus e di Landinus, oltre ad altri testi relativamente brevi, tra cui: Hortulus, De vino et Venere, De livore, De cantu Serenarum, Maronis eiusdem, De fortuna, De Orpheo, De se ipso, De aetatibus animalium, De ludo, De erumnis Herculis, De Musarum inventis, Epitaphia virorum illustrium, De speculo, De Herculis laboribus, De littera Y, De signis caelestibus, Priapea, Est et non, Vir bonus, Rosae, Culex, Dirae, Aetna, Ciris, Catalecton, Moretum. È stato stampato a Norimberga da Anton Koberger nel 1492.
Non reca il frontespizio, la pagina iniziale che indica il nome dell’autore e il titolo dell’opera, sebbene il primo frontespizio della storia fosse comparso a Venezia già nel 1476, ma sul recto dell’ultima carta si trova il colophon con l’indicazione della datazione, dell’editore-tipografo, dell’autore e dei suoi commentatori, e la chiusa gratulatoria “Laus omnipotenti Deo”.
Non vi è paginazione, ma cartulazione in numeri romani sull’angolo destro in alto di ogni recto, dalla carta I alla carta CCCXLV, con 7 carte iniziali non numerate, per un totale di 704 facciate, senza illustrazioni.
Le principali opere sono così distribuite: Bucoliche cc. X-XXIII, Georgiche cc. XXIIII-LXXVI, Eneide cc. LXXVII-CCCXV.
Il testo poetico occupa lo spazio interno della pagina allineandosi alla legatura, ed è contornato dal commento stampato in modulo minore in caratteri minuscoli graziati, che presentano anche citazioni in alfabeto greco. Lo specchio totale di scrittura ha la base di 150 mm e l’altezza di 230 mm, con disposizione del testo sulla pagina che si presenta piuttosto ariosa.
Le iniziali delle partizioni maggiori del testo virgiliano sono talvolta assenti, lasciando libero lo spazio rettangolare all’inserimento manuale decorato, che non sempre è stato effettuato, elemento non raro in un incunabolo.
L’incunabolo è di particolare interesse perché è uno dei rarissimi prodotti classici dello stampatore tedesco, Anton Koberger (originariamente Koburger), responsabile di circa duecentocinquanta edizioni, nella maggior parte dedicate alla teologia e alla filosofia scolastica, e di solito ricordato per il volume illustrato Cronache di Norimberga.
Nato nel 1440 a Norimberga in una famiglia di fornai, si dedica all’oreficeria come Gutenberg, stabilendo una fiorente attività tipografica editoriale nella sua città. Il suo successo è tale che Barbier lo definisce “un vero imprenditore capitalista”, capace di accentrare tutti i settori – carta, stampa, legatura e vendita – e far funzionare ventiquattro torchi e far lavorare oltre cento operai, tra torcolieri, compositori, correttori, incisori e legatori. Koberger incarna a tutti gli effetti la figura dello stampatore che è anche libraio e imprenditore a livello europeo, capace di progettare e consolidare una rete commerciale con agenti e rappresentanti nelle maggiori città d’Europa, tra cui Vienna, Basilea, Strasburgo, Budapest, Venezia, Firenze, Anversa, Bruges e Parigi.
La letteratura sulla tipografia è concorde nel riconoscergli i caratteri di modernità, iniziativa, lungimiranza e profonda influenza sulla stampa. Di Koberger gli storici dell’editoria sottolineano poi la cura testuale, oltre che editoriale, dal momento che era in costante contatto con diversi umanisti tedeschi dell’epoca.
L’Opera di Virgilio stampata da Koberger ha solo quattro attestazioni in Italia: Palermo, Roma, Trento e Milano. Tuttavia, l’esemplare in questione è reso unico dalla fitta trama di annotazioni manoscritte a inchiostro, con vero e proprio apparato di commento al testo, e con due note di possesso in minuscola corsiva italiana: “Sum Joanni Erythrei Neapolitani 1511”, che è presumibilmente l’autore delle note di commento, e “Conventus Lucensis 1578”.
Entrambe le note di possesso rinviano a contesti relazionali e culturali della nostra penisola, quali certamente un convento che aveva sede a Lucca. Il confronto con altre note di possesso di incunaboli conservati presso la Biblioteca Statale di Lucca ha mostrato la presenza di note simili, a ulteriore conferma di un passaggio in area lucchese, illustrando ulteriori percorsi di un prezioso bene librario. Per tale motivo l’incunabolo è stato destinato alla biblioteca dell’Archivio di Stato di Lucca.
Scheda a cura di
Vincenza Petrilli