Manoscritto cartaceo con disegni ad acquerello, china e matita
Firenze, secolo XVI fine-XVII inizi
PROVENIENZA: Bergamo, Collezione privata
DESTINAZIONE: Firenze, Archivio di Stato
Il manoscritto, che un titolo vergato a penna nera con grafia tardo settecentesca sulla copertina definisce Libro di Meccanica ed Ornato, è inedito e rappresenta una delle più importanti scoperte effettuate dall’Ufficio Esportazione di Milano in questi ultimi anni. Si tratta di uno spettacolare volume di disegni grosso modo riferibili al periodo 1580-1608 assemblato nella bottega, anzi nella famosa casa-scuola di Via Maggio a Firenze, di Bernardo Buontalenti (Firenze 1531-1608).
L’attribuzione si deve a Orietta Lanzarini, all’uopo interpellata dall’Ufficio Esportazione e dalla cui relazione (Lanzarini 2016) è tratta la maggior parte delle informazioni contenute nella presente scheda.
Il Libro, detto anche Taccuino Secco Suardo dal nome della famiglia che l’ha posseduto e preservato intatto sino ad oggi nel castello avito di Lurano (BG), è di grande formato (misura circa mm 410x250x40) e presenta una rilegatura in cartone con lacci di sicurezza in pelle tenuta insieme sul dorso da una pergamena di riuso con iscrizioni databili al XIV-XV secolo. E’ costituito da 80 pagine di carta vergata e filigranata, numerate progressivamente a matita nell’angolo superiore destro, molto probabilmente nel XVIII-XIX secolo. Parecchi fogli, di dimensioni doppie si presentano ripiegati. Laddove visibile la filigrana mostra una combinazione con il numero 3, la lettera C, una spirale e un trifoglio inscritti in un’ellisse, motivo che trova puntuale riscontro in una mappa censita dal Woodward nel 1996, datata al 1580 circa (Lanzarini 2016 con riferimento a Woodward 1996).
Il Libro ha una struttura composita e riunisce materiale eterogeneo per paternità, soggetto, tecnica, funzione ed epoca, scalandosi in un periodo grosso modo compreso fra la fine degli anni ’70 del XVI secolo e il 1608 anno di morte del maestro.
Le pagine, quasi tutte disegnate su recto e verso, esibiscono soggetti realizzati con tecniche diverse: a penna con inchiostro bruno, a riga e squadra e/o a mano libera; a lapis e/o a matita rossa, con l’ausilio di riga e squadra e/o a mano libera, a penna con acquarellature colorate (principalmente rosa, azzurro, verde, giallorino) o monocrome ottenute per diluizione dell’inchiostro nero.
Il carattere complesso del Libro emerge anche dai diversi livelli di compimento dei disegni. Accanto a fogli piuttosto rifiniti e dalle mise-en-page molto regolari e ordinate, quali ad esempio quelli contenenti disegni a penna acquerellati o studi geometrici e prospettici realizzati con righe, squadre e compassi, spesso corredati da note ed evidenziazioni in rosso, ne compaiono altri dalla composizione molto più veloce e libera, ricchi di schizzi, commenti e prime idee, che palesano tutta la loro natura di brogliacci e appunti sui quali tornare poi in un secondo tempo.
D’ingegno multiforme e formazione poliedrica, come nella migliore tradizione fiorentina, Bernardo Buontalenti fu pittore, miniatore, scultore, scenografo, ingegnere civile e militare, architetto.
Rimasto orfano giovanissimo, entrò al servizio della corte ducale divenendo allievo di Giorgio Vasari e del pittore Francesco Salviati.
Nel 1562-3 accompagnò il figlio del duca Cosimo I de’ Medici, Francesco I, cui si deve l’inizio della sue fortune e del quale fu una sorta di mentore storico artistico, in Spagna. Nel 1568 fu eletto "ingegnere dei fiumi e fossi", carica che ricoprì fino alla morte con una provvigione annua di 240 scudi e alla quale vanno di certo riferiti i numerosi disegni dedicati al tema delle acque presenti nel Libro.
Tra i lavori per Francesco, si ricordano il progetto per il Palazzo di Bianca Cappello in via Maggio (1568), il Casino di San Marco in via Cavour (1574) e la Villa Medicea di Pratolino (1569-1575), distrutta nel 1822, nota per la sfarzosa magnificenza e le invenzioni scenografiche celebrate dai contemporanei. Al piano terra si trovavano un complesso di giochi artificiali con automi, scherzi d'acqua e scenari impreziositi dalla presenza di statue antiche, madreperle, pietre dure e marmi pregiati; all’esterno il grande parco circondato da abeti, ricco di fontane monumentali e fantasiose trovate fra le quali la celebre statua colossale dell’Appennino realizzata dal Giambologna.
Notevoli tracce di tali propensioni si riscontrano su molte carte del manoscritto e segnatamente nelle sezioni dedicate all’architettura e alla scenotecnica. Bernardo Buontalenti fu successore di Vasari nel ruolo di architetto di corte e come tale ebbe ad occuparsi di tutte le più importanti fabbriche medicee; completò la residenza di Palazzo Pitti, disegnando il giardino di Boboli con le famose grotte artificiali, fra cui quella ancora oggi nota come “Grotta del Buontalenti” (1575) che custodiva i Prigioni di Michelangelo, e il Palazzo degli Uffizi, dove progettò la celebre Tribuna, sala ottagonale destinata ad ospitare le opere più importanti della collezione ducale, la Galleria all’ultimo piano e il Teatro.
Secondo il Baldinucci il Buontalenti fu anche un grande esperto di architettura militare e di balistica; inventò un particolare tipo di proietto a scoppio e il celebre micidiale cannone chiamato “Scacciadiavoli”.
I diversi fascicoli del Libro sono riuniti in modo da formare successioni omogenee per argomento. Esso raccoglie studi di urbanistica, planimetrie di città ideali, disegni di facciate ed elementi decorativi dell’architettura, studi di misurazioni; disegni di arte militare, con cannoni e proietti, studi di carattere balistico, macchinari e congegni; disegni di ponti e meccanismi girevoli per chiuse e in generale l’irregimentazione delle acque; studi per allestimenti teatrali e/o effimeri con meccanismi per muovere mostri e macchinari, studi di proporzione e di strumenti musicali (liuti), esplosi architettonici, progetti ingegneristici e di congegni per l'edilizia.
I soggetti, dei più vari, sono sostanzialmente riconducibili a tre filoni principali: geometria, meccanica, ingegneria militare; scenotecnica e architettura civile.
Sono distinguibili almeno due se non tre mani diverse, una delle quali, riconoscibile per il fare più immediato e disinvolto e per il fatto che spesso interviene sui disegni altrui, coincidente con tutta probabilità con quella del caposcuola Bernardo. Ad essa spettano gli studi per la facciata del Duomo di Firenze ma anche i progetti per la macchine teatrali e gli abbozzi di figure, costumi e cimieri da parata che chiudono la parte dedicata alla scenotecnica.
Come indicato da Cinzia Sicca nella relazione stesa per l’allora proprietà (Sicca 2016), è possibile che alcuni disegni siano riconducibili alla mano del figlio naturale di Cosimo I, don Giovanni de’ Medici, prima allievo, poi sodale e alla fine concorrente del Buontalenti.
Disegni di geometria, meccanica, ingegneria militare (1r-48v). "L’argomento di questo nucleo si inserisce nel solco di una lunga tradizione di fonti manoscritte, a partire dai trattati redatti, specialmente in area toscana, tra la seconda metà del Quattrocento e il primo Cinquecento da Leonardo, Iacopo di Mariano detto il Taccola, Francesco di Giorgio Martini e altri.
In generale, i disegni del manoscritto mettono in evidenza, con notevole perizia d’impaginazione e ricercata qualità grafica, una serie importante di macchine di tipo militare, balistico e idraulico. I soggetti si distinguono per l’attenzione dell’estensore nel mostrare il funzionamento effettivo dei dispositivi, quasi sempre accompagnati dall’immagine di un addetto nell’atto di manovrarli, la cui presenza fornisce la scala metrica per capire la dimensione della macchina raffigurata.
Si tratta di un aspetto abbastanza raro nei disegni di questo tipo. Sono presenti, inoltre, una serie di schemi matematici con relativa descrizione (ff. 2r-3v) e alcuni disegni di ponti (ff.33v, 35r-v)". (Lanzarini 2016). Di estremo interesse sono gli studi dedicati alle fortezze e ai bastioni (ff.4r-11v, 13r-14r, 47r-48v), nei quali si trova talvolta adottato un espediente assai ingegnoso e raro: l’aggiunta sul foglio principale di piccoli foglietti quadrati disegnati con schemi e immagini che possono scorrere, grazie a due fori, lungo un filo teso di traverso nel foglio, in modo da combinarsi con gli altri disegni ivi contenuti (ff.9r, 9v, 10r), a dimostrare, sorta di moderni pop-up, il variare dei risultati al variare dei presupposti.
“In questo primo nucleo sono riconoscibili soggetti che offrono indizi preziosi per l’attribuzione del Libro a Buontalenti e bottega. Alcune fortezze delineate mostrano infatti convincenti analogie con le buontalentiane fortificazioni di Perpignan del 1562 (ff.4v, 47r, 47v) e di Livorno del 1574-1575 ca., (f.13r) (Fara, 1995, figg. 5, 36, 37, pp. 28, 40). Inoltre, lo schema assonometrico di un Contramine ivi disegnato (f.6v) è affatto simile a uno progettato dall’architetto (Fara 1995, fig. 34, p. 40).
Perfettamente corrispondente al disegno presente in un codice di ambito buontalentiano conservato alla Biblioteca Nazionale di Parigi è, invece, la tavola (f.43r, 51v) che mostra il sistema di «messa in prospettiva con lo strumento di Bernardo Buontalenti» (Fara 1995, fig. 2, p. 8). Ed ancora, la capriata di ponte raffigurata nel manoscritto Secco Suardo (f.35v) sembra coincidere con quella della struttura progettata da Buontalenti a Cerbaia Sull’Elsa (Fara 1995, p. 52, fig. 66).
L’impaginazione rigorosa e l’uniformità grafica dei soggetti induce a ipotizzare che siano trascrizioni in pulito o copie da altri disegni” (Lanzarini 2016).
Disegni di scenotecnica (ff.44v, 49v-54r, 65r-78v). “Si tratta forse del nucleo più interessante del manoscritto, data la grande precisione e competenza dimostrata dall’estensore. L’arte scenica conosce, sia nella scenografia, sia nella macchineria, uno sviluppo eccezionale tra la fine del Cinquecento e il primo Seicento.
Gli esempi offerti dal manoscritto costituiscono una rara e preziosa documentazione di macchine e scene utilizzate non solo negli spettacoli teatrali, ma anche in occasione di cerimonie e feste. I disegni comprendono schemi planimetrici e vedute prospettiche di varie scenografie e macchine sceniche di diverso tipo, ad esempio per movimentare delle figure sul palcoscenico. Inoltre, sono presenti alcuni disegni (ff.45v-46r) nei quali i personaggi delle scene, destinate probabilmente a decorare delle fontane, sono mossi con complessi meccanismi idraulici; si veda, ad esempio, la «fucina di Vulcano» del f.46r” (Lanzarini 2016).
Fra le pagine più belle dell’intero Libro si segnala la prospettiva a tre vie per la scena fissa della commedia La Pellegrina (f.54r) scritta dal senese Gerolamo Bargagli fra il 1565 e il 1567 e rappresentata postuma al Teatro Mediceo nel 1589 in occasione dei festeggiamenti per le nozze fra il granduca Ferdinando I de’ Medici e Cristina di Lorena. Tale spettacolo fu un evento epocale per la città soprattutto per i sei intermezzi che intervallarono la vicenda principale, composti dai migliori musicisti e letterati del tempo coordinati da Giovanni de' Bardi, animatore e promotore dell'omonima Camerata cui si deve l'invenzione del melodramma moderno.
In essi Bernardo, che già tre anni prima (1586) aveva dato prova della sua abilità di scenografo negli apparati della commedia L’Amico Fido scritta sempre dal de’ Bardi per le nozze di Virginia de’ Medici e Cesare d’Este, diede fondo a tutta la sua maestria e inventiva orchestrando uno spettacolo mirabolante, ricco di effetti speciali, con giochi pirotecnici e cambi di scena a sorpresa, che a lungo restò impresso nella memoria della corte fiorentina e dei suoi ospiti.
Il Concerto celeste abbozzato nel bas-de-page di f. 68r (impianto generale con l’orchestra schierata a semicerchio sulle nubi) e a f.70r (ortografia con dettaglio della macchina scenica per fare comparire l’orchestra in cielo) trova significativi paralleli sia nel bozzetto per il primo intermedio de L’Amico Fido, conservato nel Gabinetto di disegni e stampe degli Uffizi (inv. 7059F), sia, e meglio, nella scena disegnata per l'ultimo intermedio de La Pellegrina, così come resa nota dall'incisione eseguita da Filippo Succhielli su disegno di Epifanio d’Alfiano (alias Sebastiano Parrini), per la silloge compilata a ricordo della manifestazione, e alla quale afferisce anche l'incisione dello Scarabelli ricordata più sopra.
Sempre alla rappresentazione del 1589 e in particolare ai fondali immaginati per gli intermedi terzo e quarto vanno collegati gli studi per le automazioni del Lucifero e del Pegaso dei fogli 68r e 73r.
Particolari appaiono anche gli elaboratissimi disegni finali riguardanti cavalieri e cavalli acconciati in maniera estremamente ricca e curiosa e riguardo ai quali viene in mente la lettera del 3 febbraio 1605 con la quale il segretario del granduca Ferdinando, Curzio Picchena, dava istruzioni a Michelangelo Buonarroti il Giovane, incaricato di organizzare il Carnevale di Pisa, spiegandogli che sei partecipanti al torneo della Sbarra dovevano mostrare "di venire da lontani paesi, con habiti forestieri e stravaganti, l'invenzione de' quali s'ha da rimettere in messere Bernardo Buontalenti" (Fara 2010, p. 120).
Disegni di architetture (55r-64v). Il Libro contiene vari soggetti di natura architettonica: raffigurazioni di ordini, di portali, piante e vedute prospettiche di ville e palazzi, piante e studi di facciata di edifici ecclesiastici.
Questo nucleo si connota per la presenza di alcuni fogli con un’impostazione e un’impaginazione meno rigorosa e con veloci schizzi da interpretarsi come interventi autografi del caposcuola. Il nome di Bernardo Buontalenti è citato esplicitamente nel f.55v: “porta fata da/ M(a)g(istro) Be(rnar)do ad un/magistrato//”, iscrizione riferita a un portale molto simile alla porta della Suppliche (Fara 1995, fig.182, p. 114).
Nel medesimo foglio 55v, si trova menzionato anche l’architetto e scenografo compagno di lavoro del Buontalenti, Giulio Parigi, quale autore di un portale a bugnato rustico “Capricio di M.ser Giulio d’una porta per giardino”.
La finestra inginocchiata del palazzo Nonfinito a Firenze, progettato da Buontalenti nel 1593-1600 (Fara 1995, pp. 240-241), è delineata nel ff.59v, 62r, mentre gli studi di facciata nei ff. 57r, 57v riconducono ai progetti buontalentiani per il fronte del Duomo di Firenze (Fara 1995, figg. 269, 275, pp. 181-183). Infine, le piante nel f.64v mostrano la villa di Artimino Carmignano/Prato (Fara 1995, fig.439, pp. 245), realizzata per Ferdinando fra il 1594 e il 1601.
Di tutto rilievo appaiono nel manoscritto i disegni di figura che spingono a individuare fra gli artisti presenti nel codice un pittore o per lo meno un architetto pratico anche di pittura.
Tale profilo appare assai consono alla figura del Buontalenti, la cui attività giovanile nel campo della pittura appare certa e documentata. Si ricorda al proposito l’affresco con Cristo in viaggio per Emmaus realizzato dal ventiquattrenne Bernardo appena entrato al servizio dei Medici, nel 1547, nel chiostro di San Miniato al Monte a Firenze, il cui scarno paesaggio trova agevole confronto con quelli che compaiono nei disegni dei fogli 9r e v, o il Presepe compiuto da “Bernardo di Francesco dipintore” per il principe Francesco tra il febbraio e il marzo 1550 che le fonti ricordano come impreziosito da una girandola adornata di lumiere, borchie e festoni a viticci, che valse al Buontalenti il soprannome di Bernardo delle Girandole.
Il Taccuino Secco Suardo con la sua varietà di argomenti e tecniche costituisce uno specchio fedele dell’attività del maestro corrispondendo in pieno alla classica tipologia del libro di bottega inteso non tanto (e non solo) come taccuino di appunti, brogliaccio d’uso destinato a rovinarsi con la pratica stessa del lavoro, ma come repertorio alto di modelli e studi, da utilizzare, come indicano le grandi dimensioni e la finitezza ed eleganza di talune sezioni, come testo di consultazione e presentazione sia in relazione agli operatori interni (aiuti, collaboratori e soci) che nei confronti della committenza esterna.
La sua confezione si inserisce a pieno titolo nella grande tradizione dell’homo universalis fiorentino, intellettuale prima che artefice, tenuto a gestire tutti gli aspetti connessi alla propria professione, tanto dal punto di vista conoscitivo e progettuale, spaziando dalla cultura umanistica e letteraria a quella più propriamente legata all’osservazione della natura e alla scienza, quanto da quello metodologico, di computo e prassi realizzativa, come dimostrano i disegni di macchine, meccanismi, argani, soluzioni costruttive e “da cantiere”.
Esempio sommo e insuperato capostipite di questo approccio pratico-teorico integrato all’arte e all’architettura è la figura di Leonardo da Vinci con i cui manoscritti, non a caso, il libro mostra molte vicinanze.
Scheda a cura di
Beatrice Bentivoglio-Ravasio