Hirschmann (1993)

Fonte:
Ursula Hirschmann, Noi senzapatria, Bologna: Il Mulino, 1993.

«Racconto di Eugenio – oltre che di me – perché so che egli amava raccontare, l'avrebbe certamente fatto lui stesso, se non gli fosse capitato di morire. Ho la presunzione di saperne parlare meglio di altri, perché lui ed io avevamo ed abbiamo conservato fino alla fine una cosa in comune, anche se per tutto il resto la nostra convivenza, con il nostro continuo cercare e non trovare, è finita male. [...]
Ho conosciuto Eugenio Colorni nell'autunno del 1932 a Berlino, quando studiavo Hegel nella Staatsbibliothek. Si era messo a sedere vicino a me per due o tre volte nel grande emiciclo, e io avevo osservato che studiava Leibniz su enormi volumi antichi, prendendo appunti minuti e ordinati. Dopo qualche giorno egli mi fece qualche domandina scherzosa sui miei studi hegeliani, e interrompemmo le nostre letture per fare quattro passi insieme nel grande salone d'ingresso della biblioteca. Nel suo modo diretto espresse subito tre o quattro giudizi che si era formato su di me, osservandomi da vicino; non ne ricordo nessuno, ma qualcuno di essi probabilmente mi piacque o mi colpì. Si rise insieme e così ebbe inizio l'amicizia. Era allora lettore d'italiano presso il professor Erich Auerbach a Marburgo e veniva qualche volta a Berlino per completare i suoi studi leibniziani iniziati sotto la guida di Piero Martinetti a Milano. Dopo l'incontro alla Staatsbibliothek continuammo a vederci ogni tanto, anche se non così spesso quanto avrebbe voluto lui, e ci scrivemmo qualche volta tra Berlino e Marburgo.»

(Ursula Hirschmann, Noi senzapatria, p. 131-132).

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