- Fonte:
- Giorgio Amendola, Un'isola, Milano, Rizzoli, 1980.
«L'organizzazione comunista [nella colonia di Ponza] era fondata su una ricca base materiale, la mensa collettiva, lo spaccio cooperativo, la biblioteca, persino servizi con la caffetteria, la barberia, la lavanderia. [...]
Benché fossi in posizione di attesa, mi avevano subito affidato due incarichi: direttore della biblioteca e responsabile del corso di storia italiana. [...]
Come direttore della biblioteca dovetti sostenere una prima battaglia culturale. Prevaleva la concezione di una cosiddetta cultura sociale, che orientava le letture esclusivamente verso libri di carattere sociale. Molto ricercata era l'incredibile storia del socialismo di Beer, in più volumi, che faceva risalire il socialismo alle prime lotte sociali della repubblica romana. Io sostenni invece la necessità di orientare le letture dei compagni verso i libri di storia e verso la conoscenza della grande letteratura ottocentesca, da Balzac a Victor Hugo, da Turgheniev a Tolstoi, da Stevenson a Dickens, da Nievo a Verga. Mi sembrava necessario che i compagni, in prevalenza giovani, aprissero le loro conoscenze e facessero proprie, come indicava Lenin, tutte le più alte tradizioni del pensiero umano. Le mie indicazioni ebbero un grande successo. La biblioteca vide aumentare il numero dei lettori, e con soddisfazione vidi i giovani chiedermi consigli per la scelta dei libri. Consigliai a molti un piano di letture, partendo dalla Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis.
Rivolsi a molte riviste italiane la richiesta di inviare gratuitamente i loro numeri alla biblioteca dei confinati di Ponza. Croce mi rispose personalmente con una cordiale cartolina e mi annunciava l'invio gratuito della "Critica". Ma la rivista fu respinta perché, diceva la motivazione, dono di un antifascista. Una lettera del marzo 1934 della direzione di Pubblica Sicurezza aveva impedito al direttore della colonia di trasmettere mie lettere indirizzate alle direzioni delle riviste "Il Saggiatore" e "Cultura". Chiedevo l'invio di queste riviste alla biblioteca dei confinati politici di Ponza ed affermavo di avere già avuto risposta positiva dalla "Nuova Rivista storica", dalla "Riforma sociale", dalla "Rivista bancaria", dalla "Rivista di politica economica", dal "Bollettino delle notizie economiche" e dalla "Critica". La direzione della Pubblica sicurezza esigeva che ogni rivista inviata in omaggio alla biblioteca venisse trattenuta. Bisognava impedire che si utilizzasse il termine "biblioteca confinati politici", perché la biblioteca dipendeva dalla direzione della colonia, anche se era affidata alla gestione di alcuni confinati. Si voleva evitare una manifestazione di solidarietà culturale con i confinati. Il professore Corrado Barbagallo fu diffidato a mantenere una corrispondenza con la biblioteca.»
(Giorgio Amendola, Un'isola, p. 112, 115, 116-117).
«Subito, poche settimane dopo il mio arrivo, mi ero già trovato implicato in un processo. Il compagno Pontoni, direttore della biblioteca, era stato trasferito in una località dell'interno. Appunto dopo la sua partenza i compagni avevano deciso che avrei preso il suo posto. Ma il 26 maggio fui fermato per un incidente avvenuto nella biblioteca. Il confinato professor Germani, triestino, inviato al confino come aderente a Giustizia e Libertà, aveva assunto subito un atteggiamento decisamente anticomunista. Non riconosceva la direzione della biblioteca perché affidata dai comunisti ad un comunista, anche se i comunisti costituivano la grande maggioranza dei soci paganti la quota di una lira. Aveva quindi preteso di trattenere presso di sé alcune riviste oltre il termine fissato dal regolamento. Questo termine veniva abitualmente allungato, ma con lui i compagni assunsero un atteggiamento di particolare severità. Germani rispose in modo sprezzante e ne nacque una vera colluttazione. Attirato dalle grida, mi precipitai anch'io, considerandomi responsabile dell'ordine della biblioteca. Finì che fummo arrestati in cinque, per resistenza a pubblico ufficiale e per aver percosso Germani.»
(ivi, p. 118).
«Fui ancora incaricato io di fare un passo personale presso la direzione della Pubblica Sicurezza, per chiedere di poter parlare direttamente con un funzionario, mandato dal ministero, a cui illustrare la reale situazione creatasi a Ponza. L'esposto fu inviato il 26 luglio 1935. [...]
Io trattavo il mio caso personale e risalivo al primo incidente della biblioteca, maggio 1933, per dimostrare come fin dall'inizio ero stato coinvolto in una situazione di estrema tensione, provocata da chi cercava volutamente di disturbare la tranquillità della colonia. Rivendicavo l'utilità educativa della biblioteca e l'opportunità di una gestione affidata agli stessi confinati che, con la loro partecipazione, arricchivano la dotazione della biblioteca stessa, regalando libri e giornali. Affidata alla gestione diretta dell'amministrazione, sarebbe decaduta, come era provato dallo stato in cui si trovava la biblioteca carceraria. In ogni modo la direzione della colonia aveva tutti i mezzi per controllare gli acquisti, la corrispondenza e la contabilità della biblioteca.»
(ivi, p. 164).