- Fonte:
- Carlo Muscetta, L'erranza: memorie in forma di lettere, Valverde (Catania), Il Girasole, 1992; [nuova edizione] a cura di Salvatore Silvano Nigro, Palermo, Sellerio, 2009.
«Com’era bello quel palazzo della vecchia Avellino, dov’era insediata la nostra scuola, nella «terra» (come ancora si diceva il centro, con antico vocabolo). Intatti erano allora tutti i barocchi monumenti che il principe innovatore, Marino Caracciolo, aveva affidati a Cosimo Fanzago, il prestigioso architetto e scultore napoletano del Seicento, che si ritrasse nell’obelisco eretto all’effimero Carlo II d’Austria (vulgo, «il re di bronzo»), nella piazza della Dogana, per destino vetustate collapsam, e allora adibita a garage.
Opposto itinerario seguivo invece negli anni seguenti per recarmi a scuola nel rialzo di San Francesco, sulla piazza della Libertà, non ancora scempiata dall’urbanistica del fascismo e dai ricostruttori altrettanto rozzi del secondo dopoguerra. In prospettiva, l’ampio corso si prolungava verso il Viale dei Platani e la via che mena a Napoli. A destra, dominante, il neoclassico palazzo Ferrara, col risorgimentale Caffè Roma, e poi la sede del tribunale e della biblioteca [Provinciale di Avellino] (una delle più ricche, fra quelle provinciali, coi suoi fondi pregiatissimi, donati dai colti bibliomani Scipione e Giulio Capone, con l’emeroteca Tozzoli e con le raccolte di letteratura dantesca e di narrativa francese, lascito del romanziere Carlo Del Balzo).»
(Carlo Muscetta, L'erranza, p. 59-60)