- Fonte:
- Diego Valeri, Giardinetto, [Milano], Mondadori, 1974.
«Quel giorno, a Ferrara, mentre andavo come in sogno per una splendida strada fluviale (alto ancora in cielo il lungo pomeriggio estivo), mi trovai d'improvviso faccia a faccia col mio vecchio amico Angelo Monteverdi.
Egli veniva dalla Biblioteca [Ariostea], e io ci andavo. Ci andavo non per altro che per dare un devoto salutino alla grande e affabile ombra dell'Ariosto, che tra quei libri ha stanza, insieme con le povere ossa. (Anche per rivedere, sia pure fugacemente, il manoscritto autografo del Furioso, con le cancellature, le addizioni e le correzioni del poeta.) L'anno? Forse il '61 o il '62.
[...]
La sua gaiezza aveva, quel giorno, anche un motivo occasionale e, per così dire, locale. «Ho ormai la certezza assoluta che la famosissima epigrafe ferrarese del 1135 [...] è un trucco settecentesco, un falso dell'abate Gerolamo Baruffaldi. [...] Pensa che ho ritrovato nei suoi scartafacci alcuni abbozzi dell'iscrizione, assai diversi dalla stesura definitiva, ch'è del 1713. Abbiamo così la prova irrefutabile del falso».»
(Diego Valeri, Una storiella letteraria (maggio 1970), in Giardinetto, p. 59-61: 59-60).