Scappini (1979)

Fonte:
I compagni di Firenze: memorie di lotta antifascista, 1922-1943, a cura di Giovanni Gozzini, introduzione di Renzo Martinelli, Firenze, Istituto Gramsci, Sezione toscana-CLUSF, Cooperativa editrice universitaria, 1979.

«Coi suggerimenti dei funzionari, a Empoli riuscimmo a mettere in piedi una buona attrezzatura per stampare volantini, riprodurre giornali e materiali del partito. Tra Livorno e Empoli vi era una stretta collaborazione. I compagni di Livorno erano più attrezzati, ma anche noi riuscimmo a mettere in piedi una rudimentale stamperia nella casa di un simpatizzante [...]. In quel tempo furono organizzate anche delle piccole biblioteche con l'acquisto di libri di Gorki, Romain Rolland, Barbusse, Zola, Garibaldi. Inoltre furono organizzate letture collettive di materiali del partito».

(Remo Scappini, in: I compagni di Firenze: memorie di lotta antifascista, p. 1-108: 51).

«Verso la metà di novembre [1933], in treno, fui trasferito a Roma, a Regina Coeli [...]. A Regina Coeli fui messo in una cella da solo [...]. Avevo ricevuto del denaro dai miei a Forlì, e ne ricevetti ancora a Roma, così organizzai la mia vita di carcerato per una lunga durata. Richiesi i mezzi per scrivere, ma il giudice non me li concesse; non potevo fare altro che leggere e camminare, in una cella lunga 2,60 m e larga 1,80! La biblioteca del carcere passava soltanto 2 libri alla settimana, tutti di scarso valore culturale (Salgari, G. Verne, Guido Da Verona ecc.). C'erano anche libri di Flammarion, di Verga e di Manzoni, ma per avere questi occorreva l'amicizia con lo «scopino», e bisognava «ungere» (cosa che imparai a fare in seguito). Dopo molto tempo riuscii ad acquistare una grammatica tedesca, perché per acquistare i libri ci voleva l'autorizzazione del giudice di sorveglianza, e questa o tardava o non veniva.»
(Ivi, p. 89).

«Al carcere di Fossano (un vecchio convento) non si stava male, c'era aria e non molta disciplina. Fui messo in un camerone assieme ad un'altra ventina di detenuti, tutti comunisti, meno 2 anarchici [...]. Già funzionava il «circolo» di studio, con l'insegnamento di diverse materie (la storia d'Italia, il movimento operaio italiano e internazionale, la storia del P.C.d'I. e quella del P.C.U.S., l'economia politica, e anche la lingua e la letteratura italiana). C'erano testi legali italiani e testi illegali, come il saggio sul materialismo storico di Bucharin, un compendio di economia politica, la «Storia della socialdemocrazia tedesca» del Mehring, la «Storia del P.C.U.S.» di Jaroslaski, ed altri libri che venivano tenuti nascosti di giorno sotto il pavimento, dove era stata scavata una buca. Un giorno, ritornando dal passeggio, trovammo la camerata chiusa. Era successo che in una perquisizione avevano scoperto la buca [...]. Ne seguì un «processo» interno, e una quindicina dei compagni più in vista furono puniti e trasferiti a Civitavecchia (io fui punito con 35 giorni di pancaccio, con pane e acqua quattro giorni alla settimana, e senza potere fare la spesa. Una punizione dura, considerata la rigidità della vita carceraria, anche perché durante la punizione eravamo privati dei libri).»
(Ivi, p. 91-92).

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