- Fonte:
- Alfredo Panzini, Per amore di Biancofiore: ricordi di poeti e di poesia, a cura di M. Valgimigli, Firenze, Le Monnier, 1948.
«Io non so bene dove mi fossi, se nella Biblioteca Classense di Ravenna, o nella Malatestiana di Cesena. Le finestrine sono in alto, lassù, e di giorno c'è una gran quiete conventuale nella Biblioteca di Cesena! A Ravenna è la stessa cosa, perchè tranne Sante Muratori che vigila con la lampada viva della sua anima, non si incontrava mai nessuno.
Ma quella linea bruna della rocca malatestiana, che si disegnava nell'azzurro lunare, sopra la collina, mi fece certo che io non ero nella città di San Vitale e di San Massimiano, ma nella città diletta al cuore di Cesare Borgia.
Senonchè una figura bianca, che apparve, io la credetti quella del vice-bibliotecario della Classense di Ravenna: lui, per delicatezza verso i libri, porta sempre un camice bianco, come un dottore dell'ospedale. Ma il detto vice-bibliotecario della Classense ha un volto sbarbato con un sorriso prelatizio, di magnifico papa del Cinquecento: la figura bianca che invece io vedevo, era assai più esile; era giovane; sbarbata pure in volto, ma sigillato di signorile amarezza.
Era Renato Serra!
Io era, dunque, nella Malatestiana di Cesena!
Renato Serra lentamente movendo fra le due file degli alti neri leggii, ove posano i codici alluminati, si avvicinava a me.
– Come – gli domandai – sei ancora bibliotecario qui? Tanti ragazzi hanno fatto così bella carriera, e tu sei ancora qui?
Ma ebbi appena detto questo, che mi ricordai che Renato era morto, e sono ormai nove anni [...].
[...]
La colpa di tutto è Sante Muratori, che dice che è la notte che la sua biblioteca classense rivive: si destano strani rumori: sembra che siano i bianchi frati antichi a risorgere, e sono i barbagianni!
I barbagianni, bianchi e solenni, escono dalle torri di Ravenna e vengono a vedere come vanno le cose; e col volo senza rumore volando per quelle sale fantastiche della biblioteca, inseguono e mangiano i topi vilissimi che si permettono di profanare nel loro sonno i libri e i poeti.»
(Alfredo Panzini, Poeti di Romagna, 1924, in Per amore di Biancofiore, p. 235-240).