- Fonte:
- Alberto Arbasino, L'ingegnere in blu, Milano, Adelphi, 2008.
«Negli anni Trenta l’Ingegnere [Carlo Emilio Gadda] si interessa soprattutto di fenomeni «proibitissimi dal fascismo... venuti dal di fuori... ‘esterofilo’: parola cara al duce, carica di condanna...». Studia per esempio («per quanto senza possibilità di approfondire... costretto dal lavoro...») la matematica di Einstein, appunto, e la psicanalisi: «Quando molti ritenevano l’idea volgare che Freud fosse un pervertito... e neanche a parlare di Breuer, Charcot...». Rivolge cioè la sua attenzione ad alcune fondamentali discipline scientifiche moderne ignorate o trascurate dalla maggior parte dei letterati di quell’epoca, e praticamente mai integrate sul serio nella nostra cultura umanistica. «Avevo già frequentato a Milano come socio di una biblioteca molto bene – e milanesemente – organizzata (il Circolo Filologico) i precursori: appunto Charcot, Breuer... molti altri... e anche gli psicologi positivisti; ricordo L’intelligenza nel regno animale di Tito Vignoli, psicologo lombardo. [...]».
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Ma perché è andato a Firenze? «Manzonianamente... e anche un po’ come un inglese (senza quattrini) del ’700... Per imparare la lingua e frequentare le biblioteche fiorentine (e pensare che poi non ne ho avuto quasi mai il tempo!)... Il Vieusseux e la Marucelliana hanno sostituito nel mio positivismo illuministico la vecchia organizzatissima biblioteca milanese».»
(Alberto Arbasino, L'ingegnere in blu, p. 45. La conversazione di Arbasino con Gadda è uscita nel quotidiano «Il giorno» del 24 aprile 1963 ed è stata poi inclusa da Arbasino nei suoi volumi Sessanta posizioni (1971) e Certi romanzi (1977) e in una raccolta di interviste di Gadda).