Ricci (1924)

Fonte:
Corrado Ricci, Ricordi bolognesi, Bologna, Zanichelli, 1924.

«Nella magnifica biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna càpita, o almeno capitava a' miei tempi, un numero su per giù uguale di lettori, cui era grato, sollevando lo sguardo dai libri per un po' di riposo, riguardare i vivaci trionfi araldici che riempiono le pareti di targhe, di animali, di fronde, di stelle, di fascie, di cimieri, d'iscrizioni.
Invece nella sala di lettura della Biblioteca Universitaria (più che nuda, squallida) il numero dei frequentatori variava sempre (e certo varia ancora) a seconda delle vacanze e degli esami, del caldo e del freddo della stagione. Il freddo, più ancora degli esami valeva a riempire la sala riscaldata, di studenti, tolti spesso all'indugiare nelle vie da un metro di neve e da una temperatura siberiana; ma poi al primo tepore di maggio ben preferivano starsene per le vie piene di gente o andarsene pei bellissimi colli che fiancheggiano, dalla parte di mezzogiorno, tutta la città.
Col luglio, infine, l'Università rimane deserta, e deserta, di conseguenza, anche la sua Biblioteca. D'altronde il caldo, che là non è da meno, per ferocia, del freddo, caccia da Bologna quanti possono sfuggire a' suoi portici, che riparano bensì dai raggi del sole, ma anche dal benefizio di un po' d'aria mossa e ventilata.
Eppure v'era allora un uomo libero, ricco, padrone di sè, d'una villa e d'una campagna, il quale preferiva soffrire nell'afa cittadina e nel tropico d'una saletta della Biblioteca universitaria esposta a mezzodì, piuttosto che permettersi il più ragionevole svago, al solo scopo di registrare quanti più mostri poteva, ricordati o descritti dalle storie e dalle cronache.
Quell'uomo era Cesare Taruffì professore d'anatomia patologica nell'Ateneo».

(Corrado Ricci, Ricordi bolognesi, p. 39-40).

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